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Cina e Usa: una guerra evitabile?

di Alessandro Maran

 

Sui limiti del discorso di Macron sull’autonomia strategica dell’Ue che non vuole “essere vassalla” né di Washington né di Pechino (e le garanzie per l’Unione e i suoi stati membri) il 12 aprile Vittorio Emanuele Parsi ha scritto quel che c’era da scrivere (https://www.ilfoglio.it/…/la-confusione-strategica-di…/). E visto che non sta né in cielo né in terra che “nel mondo di oggi (globale, seppur divergente) ci si possa ancora illudere che quanto avviene nello Stretto di Taiwan non abbia conseguenze in e per l’Europa” (e viceversa), segnalo un interessante libro di Kevin Rudd: “The Avoidable War: The Dangers of a Catastrophic Conflict between the US and Xi Jinping’s China” (https://amzn.eu/d/1EKsXE9).
Kevin Rudd è stato prima ministro degli esteri e poi, per due volte, primo ministro dell’Australia. È uno dei pochi statisti occidentali ad aver conversato a lungo con Xi Jinping. Conosce la Cina, avendovi studiato e lavorato, e parla mandarino. Ora dirige l’Asia Society a New York ed ha trovato il tempo per conseguire un dottorato a Oxford con una tesi intitolata “China’s new Marxist nationalism: defining Xi Jinping’s ideological worldview”, che ora fornisce le basi per il suo libro.
Le cose, si sa, non vanno bene. “Le visioni del mondo ora dominanti in Cina e negli Stati Uniti stanno spingendo i due paesi verso la guerra”, scrive Rudd. In occidente la reputazione di Pechino è ormai precipitata e, allo stesso tempo, i leader cinesi vedono gli Stati Uniti come “insopportabilmente arroganti, altezzosi e sistematicamente incapaci di trattare la Cina e i suoi leader con un adeguato rispetto nazionale”. Inoltre, mentre le élite politiche cinesi sono ben informate sulla politica statunitense, gli americani, sostiene l’autore, faticano ancora a comprendere “i driver interni del comportamento politico internazionale della Cina”. Per rimediare a questo, nel suo libro Rudd espone le dieci “priorità fondamentali” che animano Xi, che vanno dalla sopravvivenza del partito comunista cinese alla riscrittura dell’attuale ordine globale “basato sulle regole” (i dieci cerchi concentrici che l’autore utilizza come prisma per interpretare la visione del mondo del leader cinese sono, nell’ordine:
1- “La politica della permanenza al potere”;
2- “Garantire l’unità nazionale”;
3- “Garantire la prosperità economica”;
4- “Rendere lo sviluppo economico sostenibile dal punto di vista ambientale”;
5- “Modernizzare l’esercito”;
6- “La gestione del vicinato della Cina”;
7- “Mettere in sicurezza la periferia marittima della Cina: il Pacifico occidentale, l’Indo-Pacifico e il Quad”;
8- “Andare a ovest: la Belt and Road Initiative”;
9- “Accrescere l’influenza cinese in Europa, Africa e America Latina e ottenere un punto d’appoggio nell’Artico” e, infine,
10- “Cambiare l’ordine globale basato sulle regole”).
Il libro di Rudd fornisce una descrizione approfondita e realistica delle motivazioni della Cina. Il suo ragionamento cerca di bilanciare ottimismo e pessimismo. Da un lato, la competizione tra le superpotenze è inevitabile. E la seconda priorità di Xi, vale a dire l’unità nazionale cinese e il futuro politico di Taiwan, è probabilmente quella più importante (anche perché il leader cinese è “un uomo che ha fretta” e intende risolvere questa questione nel corso della “propria vita politica”). Rudd abbozza una serie scenari plausibili su Taiwan, metà dei quali si concludono con uno scontro militare (potenzialmente molto più devastante della recente aggressione russa dell’Ucraina). Eppure l’autore suggerisce anche che la diplomazia creativa potrebbe evitare il disastro, da qui il titolo, “La guerra evitabile”.
L’ex premier australiano propone una politica di “competizione strategica gestita”, che delinea nelle pagine conclusive del libro. Le due potenze, in sostanza, possono competere aspramente sul terreno della tecnologia, dell’economia, della diplomazia, ma devono accettare di non entrare in guerra. Il che richiede lungimiranza e una politica consapevole che è difficile da immaginare. Va detto tuttavia che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden sta tentando qualcosa di simile con la sua nozione di “competizione con guardrail”, vale a dire con misure di riduzione dei rischi per garantire che le cose non degenerino. Si tratta, in altre parole, di trovare un modo per gestire la rivalità, lasciando che essa si dispieghi su alcuni dossier senza che vada fuori controllo o impedisca la cooperazione su temi invece vitali, a partire ad esempio dal cambiamento climatico.
Rudd riconosce che potrebbe peccare di ingenuità: le sue proposte, in fondo, cercano in gran parte di ritardare, forse per un altro decennio, un confronto che potrebbe essere inevitabile. “Direi che non c’è niente di sbagliato, tanto meno di vile, nel guadagnar tempo nell’affrontare questo particolare problema (cioè la guerra)”, scrive l’ex premier. Il rischio semmai, come dimostrano i recenti avvenimenti in Ucraina, è che il confronto militare tra le superpotenze possa non essere evitabile all’infinito.

Ma nel libro c’è una scena deliziosa (che Rudd racconta brevemente e che fa ben sperare), che ritrae l’uomo che poi sarebbe diventato il leader della Cina – al vertice cioè di un regime comunista chiuso che controlla più di un miliardo di persone – che ondeggia su un palco vuoto della Sydney Opera House, cantando a squarciagola una melodia. Non si tratta di Xi Jinping. L’uomo in quella sala vuota è un suo predecessore, Jiang Zemin. Era sicuramente un periodo molto diverso: la fine degli anni ’80, prima di Tiananmen, delle isole artificiali, delle accuse di interferenza straniera e del COVID-19. Allora un Rudd molto più giovane era un semplice funzionario degli affari esteri che ospitava una delegazione cinese in Australia e Jiang Zemin voleva solo divertirsi un po’. Ma quell’episodio – o quello, di qualche anno dopo, di una cena alcolica fino a tarda notte con un gruppo di generali cinesi che ammettono “un alto grado di cautela militare” sulla prospettiva di combattere una guerra in Asia – può far sperare che si possa in qualche modo raggiungere una sistemazione pacifica.

Alessandro Maran
maran@perfondazione.eu

Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.

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