
04 Giu 5 giugno 1968: “Qui hanno ucciso Bob Kennedy”
di Alberto Colombelli
Wilshire Boulevard, L.A., 5 giugno 1968-2020. Il mio personale inno alla Politica
C’è una continua ricerca di risposte a quello che la Storia in queste settimane ci ha riservato. Le domande muovono dai drammi che si vivono nel nostro stretto quotidiano per arrivare fino alle preoccupazioni per un contesto internazionale che offre scenari sempre più inquietanti in termini di equilibri geopolitici, di rispetto di diritti umani, di modelli culturali e sociali di sviluppo.
Quello che so è che qui alle mie latitudini (Bergamo, Lombardia) c’è un intera comunità e un intero territorio che hanno pagato pesantemente. Qui non si è trattato solo di restare a casa e pensare che sarebbe andato tutto bene. Qui è andato tutto male e la gente lo sa benissimo, perché lo ha visto dentro e attorno a sé. E lo sente pesantemente dentro di sé. Ha vissuto nel silenzio il suo profondo dolore, ora merita almeno rispetto e trova sempre più difficoltà a vederselo riconosciuto. Se non lo otterrà comunque se lo prenderà, è suo diritto civile e inviolabile.
Quello che so è anche che c’è un profondo conflitto tra le risposte che si vorrebbe che la politica fosse in grado di offrire e quelle che effettivamente si è dimostrata in grado di dare. In un’emergenza continua, l’incontro tra attese e risposte si è molto concentrato sul quotidiano perdendo spesso di vista l’orizzonte, che è quello che adesso invece serve saper recuperare. Si parla giustamente di ricostruzione, perché di questo si tratta. Da realizzare con una missione questa volta davvero collettiva. Ne discende che proprio ora come non mai serve necessariamente una Politica che sia veramente all’altezza della missione che si intende perseguire.
Una Politica liberata finché siamo ancora in tempo dai propri limiti oggettivi, capace di ritrovare a tutti i livelli la sua vera essenza.
Chi la ama e ne è stato ispirato ne conosce il significato e il valore, imprescindibile dai giudizi del momento. Per questo ne ho ho scritto un inno, molto personale che nasce da un incontro, parola non casualmente ricorrente tra queste righe, che qui di seguito ci tengo a condividere. Proprio ora, proprio adesso, proprio qui.
Incontro è espressione di affinità e condivisione, piacere e emozione, scoperta e apertura, fiducia e speranza. C’è stato un incontro per me qualche tempo fa che ha racchiuso tutto quanto. Un incontro del tutto inatteso, sorprendente, unico. Mi trovavo in un posto da lungo inseguito e cercato. Un luogo che ha rappresentato per me l’inizio di un percorso che da un senso al tutto. Ero a Los Angeles, California, al 3386 di Wilshire Boulevard. Un luogo che per me ha sempre rappresentato un sogno spezzato, e di conseguenza la mia eredità.
Sono cresciuto a Bergamo, in una famiglia formatasi negli Anni Sessanta contando sull’ispirazione di un grande della nostra terra, Papa Roncalli, che mio padre ebbe più volte la fortuna di incontrare prima che diventasse Giovanni XXIII. Sono stato educato con questo grande riferimento a cui venivano associate figure che con lui rappresentavano un’intera epoca, John e Robert Kennedy insieme a Martin Luther King.
E quel giorno in Wilshire Boulevard stavo cercando l’anima più profonda di chi tra di loro ha poi nel mio percorso personale acquisito sempre maggiore importanza. In Wilshire Boulevard sorgeva fino a pochi anni fa l’Hotel Ambassador, in cui il 5 giugno 1968 si celebrò una delle più drammatiche vicende della nostra storia recente. Ora lì è stato creato uno spazio pubblico, con un parco, un monumento e una scuola. Arrivo, mi avvicino con profondo rispetto, osservo, mi fermo, rifletto. Un momento di massima assoluta intimità, di rimozione di ogni mia maschera, di ricerca dei significati più profondi nella scoperta di me stesso.
In quell’esatto istante un uomo mi chiama.
Mi giro e sulla strada adiacente, solo, c’è un signore. Afroamericano, su una bicicletta parecchio malridotta sulla quale porta diversi sacchetti di plastica pieni fino all’orlo. E’ anziano, gli mancano alcuni denti. Mi saluta e mi dice “Qui hanno ucciso Bobby Kennedy”. A mia volta lo saluto e gli rispondo “Sono qui apposta dall’Italia”. Vedo l’emozione comparire immediata sul volto di questo signore, che scende dalla sua bicicletta, la appoggia ad una panchina e viene verso di me. Con l’emozione nei suoi occhi mi porge gentilmente il suo pugno chiuso e io contraccambio.
I nostri pugni chiusi si toccano. Lui mi ringrazia emozionato, io faccio altrettanto. In questo gesto c’è tutto il nostro essere, il nostro modo di vedere il mondo, i nostri ideali e i nostri valori, la nostra visione e la nostra speranza, la nostra eredità e la nostra responsabilità nel cercare di contribuire a costruire un mondo migliore, insieme. Siamo nati a migliaia di chilometri di distanza, in anni profondamente diversi, in paesi profondamente diversi, da famiglie profondamente diverse. Siamo di razza, estrazione sociale, cultura, disponibilità economiche diverse, ma c’è un’eredità profonda che ci unisce, che ci fa subito riconoscere, sentire parte di una comune visione che ci spinge alla ricerca di un comune destino, di una comune responsabilità nella ricerca della costruzione di un mondo migliore.
E tutto questo grazie alla Politica, alla bellezza della Politica lasciataci in eredità da chi ci ha preceduti ed ha intrapreso un percorso personale fondato sulla ricerca di progresso sociale e uguaglianza – indipendentemente da chi sei, da dove vieni, quello che sembri, o che ami – in una lotta per dare piena dignità alle persone, offrendo a tutti la possibilità di poter contare su un uguale punto di partenza per realizzare le proprie aspirazioni con la preoccupazione di non lasciare indietro nessuno.
“Sappiamo cosa dobbiamo fare. Dobbiamo ottenere una vera giustizia uguale per tutti. Dobbiamo ammettere la vanità e vacuità delle false distinzioni tra gli uomini e imparare a cercare il nostro miglioramento attraverso il miglioramento di tutti” (ndr. Robert F. Kennedy, City Club of Cleveland, Cleveland, Ohio, Usa, 5 aprile 1968), diceva Bobby Kennedy due mesi esatti prima di essere assassinato all’Hotel Ambassador.
Ora lì sorge un parco con un monumento con le sue parole e dietro una scuola. Entrambi dedicati a Robert F. Kennedy, il parco si chiama “Inspiration Park” e la scuola “School of Community”. L’ispirazione e la comunità da lui volute, cercate e trasmesseci con il suo esempio di vita e la sua Politica, che a oltre cinquant’anni di distanza ancora ci guidano. La nostra eredità, la bellezza della Politica, che abbiamo la responsabilità di mantenere al centro della scena. Insieme. Ne va del nostro futuro e del nostro destino. Cerchiamo di esserne all’altezza. Tutti. Nessuno escluso.
Il mio essere qui con queste mie parole, il nostro incontro di oggi qui, arriva da lì.
Grazie Bobby. Grazie a tutti.
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