
09 Giu 5G, il progresso è una forza benefica: l’Italia non può più perdere tempo
di Umberto Minopoli* e Carlo Stagnaro**
La digitalizzazione dell’economia, fino a pochi mesi fa, era considerata la sfida del futuro. Oggi è sempre più evidente che si tratta di qualcosa di più: la condizione per superare il presente. Stiamo combattendo il virus grazie al massiccio utilizzo delle tecnologie digitali. Esse ci hanno consentito, anche con il lockdown, di lavorare, studiare e mantenere contatti umani. Il Governo deve prenderne atto e agire di conseguenza.
Mai come in queste settimane è stato evidente che il progresso è una forza benefica e le infrastrutture wireless e a banda larga un elemento essenziale della nostra vita personale ed economica, della nostra sicurezza, della nostra libertà. Proprio questa consapevolezza ha fatto risaltare le carenze in termini di copertura territoriale, capillarità, ricchezza di banda, dotazione diffusa di strumenti digitali nella popolazione. Le disuguaglianze nell’accesso al web sono destinare a diventare un elemento determinante delle disparità economiche e sociali. Intervenire per potenziare e ampliare la connettività dovrebbe essere una priorità assoluta in questo momento.
Non è procrastinabile una decisa scelta in direzione della costruzione compiuta della nuova generazione avanzata di reti wireless, chiamata 5G. Questa tecnologia trasformerà il mondo. Rispetto alle reti wireless attuali consentirà, essenzialmente, una maggiore copertura, una superiore e grande velocità dei collegamenti, una maggiore capacità di connessione alle fonti di informazione e dati (reti mobili, satelliti, powerline), la connettività stabile e velocissima, l’Internet delle cose, una maggiore intelligenza, e connessa utilità, in tutti gli oggetti e le cose di cui ci serviamo.
Il 5G non è una nuova tecnologia, sconosciuta o dalle conseguenze imprecisate. E’ un modo più efficace ed efficiente di utilizzare i nostri sistemi di trasmissione e comunicazione. Eppure è oggetto di fraintendimenti, diffidenze immotivate e, in qualche caso, autentiche mistificazioni. E’ il caso delle immaginarie relazioni tra le onde 5G e il coronavirus. Tralasciando le più bislacche – ipotesi un virus che si propaga cavalcando le onde elettromagnetiche – si è giunti a parlare, contro ogni evidenza scientifica, di impatto del 5G sui sistemi immunitari. Si è speculato su una presunta superiore “potenza di emissione” delle antenne 5G. E, dunque di un loro maggiore impatto sulle persone. Nulla di tutto questo è vero. Le potenze di emissione delle antenne 5G sono più basse di quelle attualmente utilizzate dalla telefonia cellulare, dovendo coprire celle più piccole. Inoltre, le antenne 5G impatteranno meno persone: le trasmissioni saranno punto-punto; persona-persona. Il fascio di onde trasmesso non si propaga, come avviene per le attuali antenne e trasmettitori, anche su persone, animali e oggetti che non utilizzano il mezzo trasmissivo. Infine si fraintende il concetto stesso di “banda di frequenza” radio. La frequenza di un’onda è inversamente proporzionale alla sua lunghezza, cioè alla sua ampiezza di trasmissione. Il 5G andrà a occupare, in Italia, le fasce dello spettro radio in cui ci sono frequenza più alte e con raggio d’azione molto più breve. L’area di trasmissione delle antenne 5G sarà, dunque, spazialmente assai più limitata e meno potente di quella degli attuali sistemi di antenne e ripetitori di tlc mobili.
Il 5G rappresenta una delle frontiere su cui l’Italia dovrà misurarsi e sarà misurata. L’emergenza Covid rende gli investimenti nelle nuove reti ancora più urgenti e improrogabili, visto che l’attuale infrastruttura è da settimane sottoposta a una pressione senza precedenti. La necessità di mantenere in essere misure di distanziamento sociale rende la disponibilità di banda uno degli elementi abilitanti – forse il più importante – del ritorno alla normalità. Senza connettività diffusa non è neppure immaginabile coniugare le esigenze di un’economia e una società moderne con l’obbligo del distanziamento sociale. Il paese non può permettersi di rimanere indietro nel nome di pregiudizi anti-scientifici o esitazioni conservatrici. Il Governo e le forze della maggioranza hanno talvolta dato la sensazione di un atteggiamento che sarebbe eufemistico definire timido. Siamo già in ritardo. Non perdiamo altro tempo.
*Fondazione Ottimisti Razionali
**Istituto Bruno Leoni
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