
07 Feb Ambiente e sostenibilità: i luoghi comuni da superare
di Francesco Gastaldi e Vittorio Ferri*
Nel dibattito pubblico i temi ed i problemi dell’ambiente, soprattutto declinati con opzioni radicali, sono dominanti e determinano le agende politiche. Un contributo alla diffusione di queste affermazioni, peraltro non nuove, è stato fornito da Greta Thunberg, diventata in poco tempo regina degli influencer con argomentazioni molto semplificate non contestualizzate nelle conoscenze offerte dalle diverse discipline e senza la necessaria attenzione ad esempio per i divari di sviluppo economico tra gli stati, i problemi della povertà, della fame, dell’istruzione, della sanità ed i benefici del progresso tecnologico. Spesso tali affermazioni sono molto ripetute e fuorvianti, accettate in modo acritico come vere. Per queste ragioni riteniamo necessario precisare alcuni riferimenti utilizzati spesso in modo improprio.
Com’è noto, lo sviluppo sostenibile è tale se promuove il miglioramento della qualità della vita e rende compatibile lo sviluppo delle attività economiche (i bisogni della generazione presente) e la salvaguardia dell’ambiente senza compromettere le possibilità delle generazioni future. I riferimenti alla sostenibilità possono generare facile consenso, ma troppo spesso utilizzano argomentazioni incerte. Ecco due esempi. In primo luogo l’attenzione all’aumento della popolazione a livello mondiale trascura la sua distribuzione ineguale e la concentrazione in alcune aree costiere e nelle megalopoli. La densità della popolazione varia in maniera significativa tra stati e territori urbani e rurali.
In secondo luogo si sottovaluta il fatto che non è possibile lasciare in eredità alle generazioni future la terra così come l’abbiamo ricevuta perché alcuni effetti delle attività dell’uomo, l’inquinamento dovuto all’immissione di sostanze, l’alterazione di alcuni parametri (ad esempio la temperatura), il depauperamento di risorse naturali non rinnovabili non possono essere annullati. L’uomo ha sempre modificato l’ambiente. In passato il contenimento della pressione antropica si realizzava con le epidemie, la scarsità dei consumi per larga parte della popolazione, le guerre, le emigrazioni verso spazi non umanizzati. Ora lo sviluppo delle tecnologie e dei processi produttivi, il riciclo o recupero ridurranno le esternalità negative ma non le annulleranno perché non esiste l’efficienza assoluta: non tutto può essere ri-utilizzato.
Inoltre, posto che la riduzione delle masse forestali diminuisce la possibilità di riassorbimento dell’eccesso di anidride carbonica, va ricordato che la deforestazione non è una pratica generalizzata. In molti stati sono aumentate le superfici destinate a parchi, aree naturali, zone speciali protette e sono state introdotte procedure, a prevalente carattere giuridico, di valutazione degli impatti ambientali. In Italia nelle aree interne è aumentata la superficie a bosco e si è ridotta la superficie dei pascoli e quella coltivata. L’eventuale riuso per produzioni agricole implicherebbe alti costi di messa a coltura dei terreni incolti. L’Italia è sempre più verde, ma con più terreni agricoli marginali abbandonati e più terreni agricoli anche molto fertili, ad esempio nella pianura padana, utilizzati per fissare a terra i pannelli solari. Pertanto maggiore attenzione dovrebbe essere dedicata all’uso del suolo in generale e non solo alla deforestazione.
La domanda di petrolio, la più controversa risorsa energetica, è da tempo diminuita, è aumentata quella di gas, mentre la disponibilità delle riserve è aumentata per entrambi per i miglioramenti nelle tecniche di ricerca e di estrazione. Il paradosso è che l’energia più inquinante, il petrolio, è quella più efficiente dal punto di vista economico. La questione ambientale va dunque tratta non solo in modo generico e ideologico a livello globale, ma a diverse scale territoriali, nazionale, regionale, locale, perché l’alterazione, la compromissione e la tutela dell’ambiente può riguardare territori più o meno ampi in tempi diversi e con intensità variabile.
Altri aspetti delle questioni ambientali sono diventati luoghi comuni. Ci fermiamo qui senza pretesa di esaustività e concentriamo l’attenzione su che cosa è stato fatto e su che cosa si sta facendo. Per L’Italia, un importante banco di prova è costituito dalla definizione del Recovery Plan. A ben vedere, non mancano altri strumenti efficaci al decisore pubblico: la tassazione ambientale, i sussidi ambientali e di recente, la valutazione ambientale dei progetti di legge, dell’intero bilancio dello stato e della spesa pubblica dei diversi livelli di governo territoriale. L’analisi e la valutazione dovrebbero aumentare la conoscenza degli effetti ed evidenziare le priorità e le interdipendenze con le altre politiche, la congruenza con gli impegni presi a livello internazionale e fornire una classificazione favorevoli, neutre e sfavorevoli. Anche per la crescita sostenibile sono necessarie scelte lungimiranti da parte dei decisori pubblici in materia di investimenti che tengano conto delle interazioni e delle esternalità tra economia e ambiente.
Tuttavia, non va sottovalutato il fatto che i cittadini, forse a causa delle oscillazioni dell’ecologismo militante, non hanno ancora reso congruenti le loro scelte individuali con le loro sensibilità e convinzioni ecologiche, troppo spesso fondate su luoghi comuni. Pur di fronte a un aumento dell’attenzione per i temi ed i problemi ambientali, i cittadini-consumatori, non cambiano, o lo fanno in maniera insufficiente, i loro comportamenti e le loro abitudini ad esempio in materia di consumi, di alimentazione, di rifiuti e di scelte dei mezzi di trasporto.
Nelle politiche economiche e ambientali, sempre più multilivello, interdipendenti e complesse, la direzione dello sviluppo sostenibile è desiderabile ma c’è spazio per significativi aggiustamenti, senza pregiudizi e luoghi comuni.
*Vittorio Ferri è attualmente Assegnista di ricerca presso l’Università IUAV di Venezia, ha conseguito il dottorato di ricerca in Politiche pubbliche del territorio presso la stessa università. E’ stato docente a contratto presso l’Università di MIlano Bicocca, le Università di Pavia e Ferrara, autore di numerose pubblicazioni fra cui il volume Governare le Città Metropolitane, Carocci, Roma, 2009.
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