Corte Giustizia UE, per i minori non accompagnati vale il principio del loro "superiore interesse" - Fondazione PER
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Corte Giustizia UE, per i minori non accompagnati vale il principio del loro “superiore interesse”

di Rosario Sapienza

 

Con la decisione adottata il 14 gennaio nella causa C-441/19, TQ contro lo Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, il Segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza dei Paesi Bassi, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha dichiarato che quando si discuta del rimpatrio di un minore straniero non accompagnato (MSNA) occorre tenere in considerazione le conseguenze del rimpatrio e che il principio del superiore interesse del minore impone di valutarle attentamente.

Ciò deriva dalla necessità di ricercare sempre il superiore interesse del minore e dunque la normativa olandese che ritiene sempre rimpatriabili i minori di età superiore ai quindici anni non è conforme alla cosiddetta direttiva rimpatri, la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (che si legge nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea 2008, L 348, p. 98 ss.).

Questi i fatti: nel 2017, TQ, MSNA guineano di quindici anni e quattro mesi, aveva presentato nei Paesi Bassi una domanda di riconoscimento di protezione internazionale, adducendo la propria condizione di vittima di tratta e di sfruttamento sessuale. Nel 2018, vistasi respinta la richiesta, proponeva ricorso contro tale provvedimento poiché, sosteneva, aveva perso le tracce della sua famiglia di origine.
Il giudice olandese adito da TQ riteneva di investire la Corte ai sensi dell’articolo 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea. Questo articolo prevede infatti la competenza della Corte a pronunziarsi, a richiesta di una autorità giudicante di uno Stato membro, sull’interpretazione dei trattati sia sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione.

Insomma, la Corte doveva pronunziarsi sulla corretta interpretazione su alcuni articoli della direttiva rimpatri, soprattutto sull’articolo 10, intitolato Rimpatrio e allontanamento di minori non accompagnati, che così dispone
«1.   Prima di emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato è fornita un’assistenza da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio tenendo nel debito conto l’interesse superiore del bambino.
2.   Prima di allontanare un minore non accompagnato dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato membro si accertano che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio».

La legislazione olandese prevede invece che il minore straniero non accompagnato di età superiore ai quindici anni possa essere destinatario di un provvedimento di rimpatrio che viene adottato senza particolari indagini, anche se la sua esecuzione viene poi rinviata al momento del compimento del diciottesimo anno d’età.

Ora l’articolo 10 della direttiva rimpatri prevede che si compia una indagine sull’esistenza di adeguate condizioni di accoglienza nel Paese verso il quale il MSNA venga respinto. La legislazione olandese prevede invece che tale indagine debba essere svolta solo se il MSNA ha meno di quindici anni al momento della presentazione della domanda di protezione, mentre non occorre se il MSNA abbia più di quindici anni.

Vediamo adesso, in estrema sintesi, la decisione della Corte.
Secondo la Corte, la direttiva 2008/115 non definisce la nozione di «minore», ma è possibile fare riferimento all’articolo 2, lettera d), della direttiva 2013/33, che definisce come minore «il cittadino di un paese terzo o l’apolide d’età inferiore agli anni diciotto».
La Corte ha poi riconosciuto incompatibile con il diritto dell’Unione la distinzione contenuta nella legge olandese, sia perché permette di adottare una decisione di rimpatrio per il minore ultraquindicenne senza particolari verifiche sulla adeguatezza dell’accoglienza nel Paese di rimpatrio, sia perché, rinviando l’esecuzione della decisione al momento del compimento del diciottesimo anno d’età, mantiene il minorenne in una situazione di irregolarità che, per quanto tollerata dalle autorità, genera incertezza e insicurezza.

Una maniera di agire che, secondo la Corte, non è conforme al superiore interesse del minore di cui all’articolo 5, lettera a), della direttiva 2008/115 (che lo contempla insieme ad altre considerazioni particolari come ad esempio le condizioni di salute del migrante) e all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta europea dei diritti fondamentali.

Il principio del superiore interesse del minore si conferma così un criterio guida fondamentale, per la prima volta enunciato nell’art. 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del minore del 1989 e che implica il riconoscimento in capo al minore di diritti suoi propri ed al tempo stesso offre al giudice una guida per la valutazione in concreto della situazione del minore.
Così facendo, la Corte di Giustizia prosegue nella sua opera di costruzione di un diritto comune europeo dei diritti umani, affiancando in questa missione la Corte di Strasburgo. Passo dopo passo, giorno dopo giorno, ma costantemente.

Rosario Sapienza
sapienza@per.it

Direttore di Autonomie e Libertà in Europa, contenitore di iniziative e ricerche sulla protezione dei diritti umani nei diversi territori europei. Professore ordinario di diritto internazionale nell’Università di Catania, ha dedicato particolare attenzione alle politiche di riequilibrio territoriale dell’Unione europea, collaborando con la SVIMEZ. E’ vicepresidente di Coesione & Diritto, associazione per la tutela dei diritti umani sul territorio.

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