Il ponte sullo Stretto: una grande (e necessaria) opera strategica - Fondazione PER
20123
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Il ponte sullo Stretto: una grande (e necessaria) opera strategica

di Leandra D’Antone

 

Nel 1992, dopo oltre quarant’anni di studi che avevano già fatto dell’area dello Stretto tra le più studiate del pianeta (con migliori ingegneri e geologi del mondo), fu presentato dalla Società Stretto di Messina, istituita ad hoc nel 1971, il progetto di ponte sospeso di oltre 3 km a una campata, risultato unica soluzione praticabile dopo approfonditi studi sulle alternative (tubo flottante, tunnel subalveo, ponte e tre campate).

Sono passati oltre trent’anni in attesa del ponte “in sospeso” più lungo del mondo, oltre che per estensione per indecisione politica: riconosciuto nel 2003 tra i 18 progetti prioritari dell’Unione europea nell’ambito del sistema intermodale di comunicazioni, ma per logiche incomprensibili tutte “sovrane” (imputabili solo al nostro paese), inserito e cancellato dai programmi governativi in successione estenuante.

Si può ben dire che le sorti del ponte siano state finora tante quante quelle dei governi, al punto da emergere come un giocattolo simbolico della politica piuttosto che per il suo immenso contenuto innovativo.

Eppure si tratta di una grande opera strategica per la stessa costruzione dell’Europa (la definizione delle reti di comunicazione ha sempre avuto un valore costituente nella vita degli Stati, dalla rete ferroviaria italiana dell’800, al Trans European Network-Transportation); ma anche per la forza europea ed italiana nel Mediterraneo e per l’abolizione di una grave disuguaglianza di servizi e di diritti di cittadinanza tra il Nord e il Sud.

Unica evidenza della lunga vicenda è che l’Italia (con le sue classi dirigenti politiche nazionali e regionali) non è stata finora all’altezza della realizzazione di una grande opera pubblica ad elevato contenuto tecnologico, economico-sociale, ambientale, amministrativo, culturale.

Lo sono stati invece paesi del Nord Europa che hanno realizzato ponti fino a decine di chilometri anche fra paesi diversi, o nuovi protagonisti come la Cina o la Turchia. Nei Dardanelli è stata appena realizzata in quattro anni proprio sul modello del Ponte di Messina, la campata unica più lunga del mondo, di oltre2000 mt di luce, togliendo il primato all’Akashi-Kaikyo giapponese, entrambi edificati in aree di sismicità elevatissima.

Eppure l’Italia ha competenze, imprese e ruolo mondiale nella realizzazione di grandi ponti. Finora la storia del ponte sullo Stretto è stata quella di un possibile primato, con un progetto visionario in un paese divenuto privo di visione (che nel passato anche non lontano ha consentito ad esso di diventare una delle maggiori potenze industriali del mondo).

Basti ricordare la qualità gli studi della Gruppo Ponte di Messina, creata nel 1955 con la partecipazione delle nostre maggiori imprese  pubbliche e private, proposti nel 1981 in un noto Rapporto all’Accademia dei Lincei e consegnati Stretto di Messina responsabile del progetto esecutivo; ma soprattutto agli approfondimenti di ogni genere iniziati dal 1996, quando il governo Prodi rimise l’opera in campo inaugurando un esemplare metodo di valutazione e di affidamento alle imprese, metodo  proseguito e implementato successivamente dal governo Berlusconi.

Ma, soprattutto, vanno ricordate le scrupolose procedure amministrative di verifica, da quelle riferite nel 2001 dalla Direzione di coordinamento territoriale (di Fabrizio Barca e Gaetano Fontana) con i risultati degli studi di fattibilità sui diversi impatti dell’opera, ai successivi adempimenti da parte degli organismi istituzionali interessati, dal Cipe al Consiglio superiore dei lavori pubblici, alle istituzioni di governo dell’ambiente. Tutto è finito col blocco dell’opera da parte del governo Monti nel 2012, con un decreto ministeriale a cantieri avviati. Senonché l’opera cancellata non ha resistito alla irrazionalità della sua eliminazione per volontà di una sinistra divenuta contraria alle grandi opere e presto per l’opposizione dei 5Stelle in fase pre-camaleontica a qualsiasi investimento di progresso e civiltà.

Ma alla prova del governo, dopo il 2018,  non potendo pubblicamente negare l’urgenza di un’opera per una strozzatura nei collegamenti sempre più evidente, il Conte 2 ha istituito una commissione farlocca (con l’evidente fine di non realizzare il collegamento) per rivalutare tre alternative: ponte a campata unica con progetto approvato e già cantierato, ponte a tre campate già precedentemente scartato per la sua irrealizzabilità – di cui non abbiamo mai visto il progetto ma destinato a Ferrovie dello Stato- infine il “non ponte”!

Dispiace che il modesto ministro della Mobilità Giovannini, dell’ottimo governo Draghi, vi abbia dato credito e che un PNRR fatto in fretta per i ritardi accumulati dal Conte 2, non abbia incluso né il ponte né la vera Alta Velocità ferroviaria da Salerno a Palermo; abbia dato a FS 50 milioni per uno studio inutile e destinato 500 milioni al potenziamento del traghettamento, investimento evidentemente non risolutivo.

Il governo attuale annuncia ora la realizzazione del Ponte secondo il progetto del 2011: non possiamo che riaccendere una speranza. L’investimento ha oggi nuovamente gli auspici delle Regioni Sicilia e Calabria come negli anni Cinquanta, quando diedero la maggiore spinta alla realizzazione del collegamento; ha il pieno sostegno dell’Unione europea. Ma ancora una volta le sue sorti sono legate agli equilibri interni al governo, alla definizione dell’autonomia differenziata e delle competenze regionali; alle priorità politiche e leaderistiche che da decenni offuscano la vista al nostro Paese.

Leandra D'Antone
dantone@per.eu

Professore Senior di Storia Contemporanea all’Università di Roma La Sapienza. Tra le pubblicazioni: "Senza pedaggio. Storia dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria", Donzelli 2008, "Da Ente transitorio a Ente permanente e L’architettura di Beneduce e Menichella", in "Storia dell’Iri", vol 1, Laterza 2012; "Due, molte una sola Italia", in "L’approdo mancato", a cura di F.Amatori, Annale Feltrinelli 2016; "La via siciliana al credito speciale. La Sezione di credito industriale" (con M.Alberti), in "Storia del Banco di Sicilia", a cura di F.Asso, Donzelli 2017. E’ autrice della voce "Pasquale Saraceno" per il "Dizionario Biografico degli italiani", Treccani.

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