Il Recovery Plan dovrà essere rimborsato dai nostri figli. Ecco perché non possiamo distrarci - Fondazione PER
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Il Recovery Plan dovrà essere rimborsato dai nostri figli. Ecco perché non possiamo distrarci

di Caterina Avanza

 

In Italia per mesi si è parlato di MES si o MES no, di Alitalia, di concessioni delle autostrade, di banchi con rotelle o senza rotelle e da qualche settimana è arrivato il tormentone di fine estate: il referendum sul taglio dei Parlamentari.

Tutti temi importanti, nessuno lo nega, ma che non giustificano di fare astrazione su tutto il resto. È affascinante osservare come sia facile distrarre gli Italiani al fine di evitare di avere un dibattito e una riflessione profonda su quelle che sono le sfide, non dei prossimi mesi, ma dei prossimi decenni.

Non so dire di chi sia la colpa di un tale tropismo, se dei media o di una parte della classe politica, sarebbe un po’ come cercare di stabilire se è nato prima l’uovo o la gallina, fatto sta che non ci stiamo ponendo LA domanda fondamentale: che paese vogliamo lasciare alle generazioni future al seguito della crisi più grave dal Dopoguerra ad oggi?

Non dimentichiamo che il Ricovery Plan, i 209 miliardi di euro da spendere entro i prossimi tre anni, dovrà essere rimborsato dai nostri figli e i nostri nipoti. Il tropismo e la distrazione sono lussi che non possiamo permetterci.

 

È in atto in tanti paesi europei, penso alla Francia e alla Germania, ma anche alla Spagna e al Portogallo una riflessione su temi fondamentali.

 

 

Penso per esempio all’energia. La questione energetica è alla base di tantissime tematiche: dal potere d’acquisto delle famiglie, al costo di produzione per le imprese dal quale deriva la loro capacità concorrenziale, all’ambiente e alla necessità di frenare il riscaldamento climatico e di abbassare il livello di inquinamento, causa di milioni di decessi e di costi esorbitanti per il sistema sanitario pubblico. Senza contare che l’indipendenza energetica è uno dei pilastri della sovranità di uno Stato e ne influenza la strategia geopolitica. Oggi l’Italia è uno Stato vassallo della Russia di Putin, in grande parte a causa della nostra incapacità di elaborare una strategia energetica che sfrutti maggiormente le energie rinnovabile il cui stoccaggio oggi è assolutamente possibile a costi ridotti.

La Commissione europea, prendendo atto del ritardo accumulato dall’UE rispetto a competitors come Cina, Giappone e Corea, ha lanciato un piano europeo per l’idrogeno verde (cioè quello prodotto grazie a energia rinnovabile. L’idrogeno blu è quello prodotto attraverso l’utilizzo di gas).

Si tratta di costruire la strategia del dopo petrolio e la crisi prodotta dal COVID dovrebbe accelerare la riflessione perché è forte la necessità di rilocalizzare produzioni creando posti di lavoro non delocalizzabili al fine di ridurre la disoccupazione e di conseguenza rendere più sostenibile il debito che ci apprestiamo a contrarre.

Infatti i Tedeschi hanno già investito 9 miliardi sull’idrogeno pulito, i Portoghesi sette. “Stiamo posando le basi per diventare i numeri uno mondiale delle tecnologie legate all’idrogeno” cosi ha dichiarato il ministro dell’economia tedesco Peter Altmeier.

Mentre gli altri “posano le basi” di quella che sarà l’industria di domani, noi litighiamo sul numero dei Parlamentari.

 

 

 

 

In Francia è in corso un dibattito appassionante sulla mobilità. La sindaca di Parigi Anne Hidalgo, ha vinto le elezioni proponendo il concetto della «città del quarto d’ora» elaborato dal ricercatore franco colombiano Carlos Moreno, che riflette su come diminuire drasticamente gli spostamenti all’interno delle metropoli. Il Governo francese ha fatto del treno il grande protagonista del Ricovery Plan d’oltralpe. Nel concreto, ci si interroga su come fare in modo che il treno sia la prima scelta per i tragitti quotidiani, investendo sui treni regionali utilizzati dai pendolari. Per chi ha l’esperienza di Treno Nord tra Milano e Vigevano o tra Milano e Brescia, per fare qualche esempio, sa di cosa parlo. Se chi ogni giorno deve salire su un treno obsoleto, sporco, lento e in ritardo alla fine sceglie l’auto, con tutte le problematiche che questa scelta implica sia come costi personali che collettivi. Gli aiuti di Stato ad Air France sono stati condizionati al fatto che la compagnia si impegnasse ad eliminare tutti i tragitti nazionali fattibili in meno di due ore e trenta in treno. Per esempio il Parigi-Bordeaux o il Parigi- Lyon, via aereo, devono essere soppressi. Nel piano mobilità, oltre ad una vera riflessione sulla «mobilità dolce» che va ben oltre il bonus bici… si stanno riabilitando anche i treni notturni, in modo da rendere il treno una soluzione anche per i tragitti di lungo corso. In Italia invece siamo fermi da anni su un dibattito sterile sulla TAV…

 

Altra questione che non sembra minimamente interessare nessuno in Italia a cominciare dal Ministro degli affari esteri, è l’escalation di tensione nel Mediterraneo e in particolare tra Grecia e Turchia. Non stiamo parlando di paesi del Sud-est asiatico, stiamo parlando dell’altra sponda del Mar Ionio e di alleati NATO. Emmanuel Macron ha fatto pressione sull’Italia che ha finito per accettare di partecipare alla missione militare che ha per obiettivo di dare una calmata all’ “amico” Erdogan. Ma perché dev’essere la Francia ad avere l’iniziativa? L’Italia dovrebbe avere l’ambizione di essere una potenza regionale nell’arco Mediterraneo. Zona che andrà sviluppandosi vista la crescita economica di certi paesi africani. Ma per mantenere una certa egemonia nel Mediterraneo, come sarebbe naturale che fosse, l‘Italia dovrebbe elaborare una posizione e portarla chiara e netta in sede europea. In poche parole, dovrebbe mostrare i muscoli e alzare la voce, ma il timore è che non abbia nulla da dire…

 

Altro tema totalmente assente dal dibattito pubblico italiano, ed è particolarmente grave viste le lacune di cui soffre la nostra pubblica amministrazione, è l’implementazione del Recovery Plan; cioè come fare in modo che i fondi arrivino nel modo più veloce ed efficiente all’economia reale rispettando le condizionalità imposte da Bruxelles: transizione digitale e ambientale.

In Francia, dove Il primo ministro presenterà il piano di rilancio il tre settembre, un dibattito è nato su centralizzazione o decentralizzazione per la gestione del Piano. Un commissario al Piano è stato nominato a livello nazionale e dei vice prefetti al Piano sono stati nominati in tutte le Province (con ovvie polemiche da parte dei Presidenti delle Regioni). Queste figure nominate ad hoc, hanno il compito di assicurarsi della “buona implementazione del piano sul territorio”. In Bulgaria, i cittadini manifestano perché temono che i fondi provenienti dall’Europa vadano alle mafie e chiedono al Governo una strategia per evitare che il Piano di rilancio si trasformi in un immenso boomerang. In Italia, Giuseppe Conte aveva annunciato una task force interministeriale e di enti locali ma ad oggi non si è capito come e da chi questo piano verrà realizzato, come evitare di arricchire le mafie, come evitare gli sprechi, come evitare che la burocrazia italiana rovini quello che dovrebbe essere il nuovo miracolo italiano.

 

Del resto, gli italiani sono cosi distratti che hanno accettato, senza quasi fiatare, una delle decisioni più incomprensibili e scellerate che ci sia: aprire le discoteche prima delle scuole dopo il lockdown!

 

 

 

 

 

 

Caterina Avanza
avanza@perfondazione.eu

Consigliera politica al Parlamento europeo per En Marche, il movimento del presidente francese Emmanuel Macron. Laureata in Scienze politiche all’Università di Bologna, quindi master in Affari europei alla Sorbona. Sempre per En Marche è stata coordinatrice della campagna delle europee. Consulente presso importanti istituti di sondaggi fra cui l’IFOP – Istituto Francese di Opinione e Politica.

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