In Polonia l'Europa batte i populisti - Fondazione PER
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In Polonia l’Europa batte i populisti

di Vittorio Ferla

I risultati definitivi delle elezioni generali in Polonia saranno noti soltanto oggi, ma nel frattempo è chiaro che la stagione del dominio incontrastato del Pis, ovvero Diritto e Giustizia, il partito populista di destra che ha guidato il paese negli ultimi anni, è finita. Una buona notizia anche per l’Unione europea visto che l’attuale governo polacco guidato dal Pis da otto anni alimenta frizioni con Bruxelles a causa delle ripetute violazioni delle regole dello stato di diritto e spesso si è messo di traverso utilizzando il veto su alcuni dossier.

Secondo gli exit poll di ieri pomeriggio il PiS ottiene il 36,1% di consensi: un notevole passo indietro rispetto al 43,6% delle elezioni precedenti. Di sicuro ha influito la massiccia partecipazione alle urne: i polacchi hanno votato in massa, con un’affluenza mai vista dalla caduta della “cortina di ferro”, nel 1989, pari al 73% degli aventi diritto. Come ha spiegato bene nei giorni prima del voto Ben Stanley, professore associato presso l’Università di Scienze sociali e umanistiche di Varsavia, “il modo in cui se la caveranno i partiti più piccoli è cruciale”. A differenza del Pis – che non riuscirebbe a raggiungere la maggioranza neanche unendo i suoi seggi a quelli di Konfederacja, il partito alleato di estrema destra, fermo al 6,8% – la Coalizione Civica centrista di Donald Tusk con il 31%, grazie all’accordo con la Terza Via di centrodestra (che raggiunge il 14%) e la Sinistra (8,6%) dovrebbe ottenere 248 seggi su 460.

Insomma, benché sia arrivato primo, per Diritto e Giustizia, al potere dal 2015, è una sconfitta clamorosa. Una vera e propria sberla se si pensa che il partito di governo ha strumentalizzato le risorse dello Stato per raggiungere la vittoria: negli ultimi mesi l’esecutivo ha aumentato la spesa sociale e ha organizzato incontri in tutto il paese in cui i funzionari governativi hanno cercato di blandire il consenso degli elettori, il tutto a spese dei contribuenti. In più il governo ha promesso ricompense economiche alle località con il totale dei voti più alto e che tendono ad essere forti sostenitori del Pis. Inoltre, i media controllati dallo Stato si sono schierati apertamente dalla parte del governo, nonostante la legge li obblighi all’imparzialità nel rispetto dello stato di diritto. Perfino una catena di quotidiani di proprietà della raffineria statale Orlen ha sostenuto il Pis, rifiutando la pubblicità dei partiti di opposizione.

Infine, il governo ha proposto un referendum con quattro domande abbastanza generiche che in realtà non riflettono alcuna politica reale e che miravano soprattutto a mobilitare l’elettorato contro l’opposizione e in funzione antieuropea. Basti pensare che il quesito sull’immigrazione recitava: “Sostieni l’ammissione di migliaia di immigrati clandestini dal Medio Oriente e dall’Africa, secondo il meccanismo di ricollocazione forzata imposto dalla burocrazia europea?” Anche in questo caso le aziende statali sono state strumentalizzate per finanziare la campagna referendaria con ingenti somme. Le Poste polacche, per esempio, hanno inviato agli utenti dei volantini propagandistici che mostravano una finta scheda elettorale contrassegnata da quattro “no”, in ossequio alla posizione del governo. L’espediente referendario non è riuscito però a galvanizzare gli elettori del partito di maggioranza. Tanto che il referendum non è riuscito nemmeno a raggiungere il quorum del 50% necessario per il conteggio delle schede. viceversa, gli spudorati ed espliciti abusi di potere insieme ai numerosi scandali che hanno colpito il governo – tra questi l’accusa ad alcuni funzionari pubblici di vendere visti in cambio di tangenti – ha provocato una forte reazione della popolazione. Una ottima notizia per tutta l’Europa, perché significa che i valori della democrazia liberale sono molto più radicati nella mentalità dei cittadini polacchi di quanto facesse credere il temporaneo sostegno al Pis. In otto anni di dominio caratterizzati da tensioni e conflitti sociali, politiche regressive sul tema dell’aborto, violazioni sistematiche dello stato di diritto, battaglie protezionistiche contro le importazioni di grano dall’Ucraina, il governo populista guidato da Mateusz Morawiecki è riuscito a deteriorare sempre di più le relazioni con Bruxelles, spingendo l’Ue a congelare il versamento degli ingenti fondi comunitari, e a erodere profondamente il consenso intorno al Pis. L’ennesima dimostrazione che le politiche populiste e sovraniste che presumono di difendere il popolo e la nazione ottengono sempre l’effetto contrario di danneggiarli.

Che cosa succede adesso? Jarosław Kazcyński cerca di rivendersi la prima posizione come una vittoria ma sa che non è così. “La domanda che dobbiamo affrontare è se questo successo potrà trasformarsi in un altro mandato per il nostro governo. Questo non lo sappiamo al momento, ma dobbiamo sperare e dobbiamo sapere che, sia che siamo al potere o all’opposizione, porteremo avanti questo progetto e non permetteremo che la Polonia venga tradita”, ammette il leader del Pis. Viceversa, Donald Tusk, leader della Coalizione Civica, sa di avere in tasca le chiavi del governo: “Non sono mai stato così felice in vita mia; con questo presunto secondo posto, la Polonia ha vinto, la democrazia ha vinto. Li abbiamo rimossi dal potere”, affermato l’ex primo ministro e presidente del Consiglio europeo. Vista la complessità del risultato elettorale, i tempi per la formazione del governo potrebbero essere lunghi. Molto probabilmente, il presidente Andrzej Duda seguirà la strada indicata dalla prassi costituzionale, incaricando in prima battuta un membro del partito primo classificato che è, appunto, Diritto e Giustizia. Se il tentativo di formare un nuovo governo e ottenere la maggioranza assoluta in un voto di fiducia parlamentare fallirà, come è probabile, entrerà in gioco il parlamento e ci sarà campo libero per un governo di coalizione guidato da Donald Tusk. A quel punto, come qualcuno ha detto, la Polonia “rientrerà” di fatto in Europa.

Vittorio Ferla
vittorinoferla@gmail.com

Giornalista, direttore di Libertà Eguale e della Fondazione PER. Collaboratore de ‘Linkiesta’ e de 'Il Riformista', si è occupato di comunicazione e media relations presso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Lazio. Direttore responsabile di Labsus, è stato componente della Direzione nazionale di Cittadinanzattiva dal 2000 al 2016 e, precedentemente, vicepresidente nazionale della Fuci. Ha collaborato con Cristiano sociali news, L’Unità, Il Sole 24 Ore, Europa, Critica Liberale e Democratica. Ha curato il volume “Riformisti. L’Italia che cambia e la nuova sovranità dell’Europa” (Rubbettino 2018).

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