
07 Apr Keir Starmer, il Labour che cambia
di Vittorio Ferla
“Chiedo scusa alla comunità ebraica”. Il primo intervento da nuovo leader del Labour di Keir Starmer – eletto il 4 aprile scorso a scapito delle rivali Rebecca Long-Bailey e Lisa Nandy – segna una cesura netta con la passata gestione di Jeremy Corbyn. L’anziano capo socialista che ha guidato il partito dal 2015 – perdendo tutte le elezioni possibili – ha consentito per anni la diffusione di pregiudizi antisemiti nella base del partito. Starmer ne è consapevole: “Inizierò a lavorare immediatamente con la comunità ebraica per riparare il male che è stato causato negli ultimi anni”. Il Labour non ha scelto a caso: come ricorda anche il giornale israeliano Times of Israel, Karmer ha sposato nel 2007 Victoria Alexander, avvocata di fede ebraica, e ha un figlio e una figlia cresciuti nella religione ebraica.
Ma non è questa l’unica stilettata al predecessore. Per recuperare la fiducia perduta nel paese, Starmer avverte: “Voglio costruire una coalizione in ogni parte del paese. Non importa come la gente abbia votato in precedenza”. È un modo per rilanciare quella vocazione maggioritaria che il Labour aveva perso, marginalizzato dal settarismo dei corbyniani. “Dobbiamo essere di nuovo un partito di governo – chiede Starmer ricordando la lezione di Tony Blair – capace di rispondere all’elettorato in tutta l’Inghilterra, la Scozia, il Galles e l’Irlanda del Nord. I laburisti non possono più essere quel partito al quale milioni di persone non affiderebbero il compito di governare, gestire la nostra economia o proteggere il nostro paese”.
Un inizio niente male per un cosiddetto ‘moderato’. Starmer, 57 anni, è un avvocato di successo, ex procuratore generale del Regno e Cavaliere di Sua Maestà, parlamentare in un collegio centrale della capitale. I critici lo chiamano ‘Sir’ con disprezzo: vedono in lui l’ennesimo esponente ‘fighetto’ della élite londinese. Figlio di un costruttore di utensili e di una infermiera, il nuovo leader laburista ricorda continuamente la sua provenienza da una famiglia della classe operaia. In un’intervista al magazine Politico ha detto: “Molte volte la mia famiglia non riusciva a pagare le bollette della luce o del telefono”.
Rassicurante sul piano ideologico, Starmer si definisce esplicitamente ‘socialista’. Non vuole deludere la base sociale del Labour, anzi vuole riconquistare il voto operaio che in alcune zone del paese ha premiato i conservatori di Boris Johnson appoggiando la Brexit. Proprio lui che sul punto aveva preso le distanze da Corbyn, convinto che la Gran Bretagna dovesse restare nell’Unione europea. In questa particolarissima legislatura, tuttavia, Starmer dovrà convivere proprio con il processo di Brexit.
L’altra convivenza forzata – e stavolta del tutto imprevista– sarà quella con l’epidemia da Covid-19. In un momento così drammatico per il Regno Unito – nel paese aumentano contagi e decessi e perfino il premier Johnson è ricoverato in ospedale – Starmer cercherà di posizionare correttamente il partito. Benché sia all’opposizione, il Labour dovrà collaborare con il governo per fronteggiare il coronavirus, in un momento in cui l’ansia popolare drena consensi verso il partito di governo. Tuttavia, il neoeletto leader laburista chiede al governo Tory apertura e trasparenza: “sono stati fatti troppi errori e bisognerà renderne conto”. Infine, per Starmer, la reazione all’epidemia dovrà diventare anche l’occasione per migliorare il servizio sanitario nazionale e rendere più giusta la società britannica. Vedremo presto se questo faticoso equilibrio gli riuscirà.
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