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La «linea rosa»: la frontiera che divide l’Europa

di Alessandro Maran

 

La settimana scorsa, il Presidente polacco Andrzej Duda è stato riletto al ballottaggio contro il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, con un margine minimo, grazie anche alla campagna particolarmente aggressiva contro quella che lo stesso Duda ha bollato come la «ideologia LGBT».

 

L’odio verso i gay

Come ha scritto l’Economist, nel corso della campagna Duda «ha fomentato l’odio verso i gay, gli ebrei e i liberal che complotterebbero con gli stranieri per indebolire le tradizioni polacche» e «ha rappresentato i diritti dei gay e dei transgender come un’ideologia peggiore del comunismo».

Sia Duda che la televisione di stato nelle ultime settimane di campagna elettorale non si sono fatti mancare nulla, come racconta anche Anne Applebaum sull’Atlantic, arrivando a ringraziare i No-Vax e ad accusare Trzaskowski di fare gli interessi della Germania e degli «ebrei». Si sa che la germanofobia e l’antisemitismo hanno precedenti storici in Polonia, ma «la diffidenza nei confronti della comunità LGBTQ è un tema politico nuovo di zecca in Polonia. La paura del ‘flagello arcobaleno’ (così l’arcivescovo di Cracovia ha parlato degli omosessuali) è stata creata ex-novo, escogitata da cinici propagandisti che sanno perfettamente quanto sia odiosa», scrive la giornalista americana naturalizzata polacca. Questa retorica non è dog-whistling, come amano dire i commentatori politici americani (cioè un messaggio «in codice» rivolto a chi ha orecchie per intendere): si tratta di «una palese demonizzazione, una guerra culturale a tutto campo».

 

La demagogia dell’orientamento sessuale

Ora che hanno vinto le elezioni, può darsi che Duda e i suoi alleati accantonino questo espediente, scrive Applebaum: non è possibile prendere controllo di un paese sostenendo che metà della nazione è costituita da «veri» polacchi e l’altra metà no, ma «si possono fare molti danni lungo la strada».

Mark Gevisser (autore di «The Pink Line: The World’s Queer Frontiers») scrive invece sul Guardian che il continente è ora diviso in due proprio dalla demagogia sull’orientamento sessuale, visto che i leader dell’Europa orientale «come Putin, Orbàn e Duda usano gli appartenenti alla comunità LGBTQ+ per tracciare quella che si può chiamare una linea rosa contro il liberalismo secolare occidentale che minaccerebbe i valori tradizionali della madrepatria». Il tutto, ovviamente, sfrutta le preoccupazioni diffuse in merito alla globalizzazione e alla rivoluzione digitale e la paura di perdere il controllo che comporta l’apertura delle frontiere a nuove idee e a nuove persone («o, nel caso della comunità LGBT, a coloro che sono sempre stati lì, ma che ora esigono di essere presi in considerazione»).

«Questa strategia della guerra culturale ha subito un cambiamento significativo negli ultimi anni: mentre in passato si opponeva agli ‘stili di vita’ o ai ‘diritti’, ora si oppone alla ‘ideologia’; ciò le consente di assumere lo status di una forza anti-egemonica – e anche di rivendicare, mentre sempre più persone escono allo scoperto, che non c’è ‘niente di personale’». ‘Non si tratta di persone, ma di ideologia’, ha detto Duda a proposito della comunità LGBT quando ha lanciato il suo manifesto.

 

Il modernismo pro-europeo

Ma come con Trump e Bolsonaro, ciò funziona con una constituency in particolare: «gli elettori delusi che ritengono di essere stati emarginati a causa di politica dell’identità impazzita e che le loro necessità siano state subordinate gli interessi degli estranei, stranieri o neri o froci». E nonostante la vittoria di Duda, il risultato delle elezioni polacche si può leggere in un altro modo. Duda era considerato un candidato in fuga, il pacifico vincitore della competizione, anche grazie alle politiche assistenziali del suo governo. Eppure, ha vinto con un margine risicato nel ballottaggio contro un liberale moderato dipinto come un tirapiedi dell’Europa. E quel che piace al 48,8% di polacchi che hanno votato Rafał Trzaskowski è proprio il suo modernismo pro-europeo, di cui, «per molti, in particolare per gli elettori urbani più giovani, è parte fondamentale l’accettazione delle persone gay e trans».

Alessandro Maran
maran@perfondazione.eu

Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.

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