
21 Feb L’abbraccio di Biden e Zelensky sposta gli equilibri in Europa
di Vittorio Ferla
“Putin pensava che l’Ucraina fosse debole e che l’Occidente fosse diviso. Pensava di poter durare più a lungo di noi. Semplicemente, il suo progetto era sbagliato. Un anno dopo, eccoci qui insieme, uniti al popolo ucraino”. Così ha scritto in un tweet di due giorni fa Joe Biden, poco di prima di abbracciare Volodymyr Zelensky in pubblico nel corso della sua inaspettata visita a Kiev. Per le condizioni di modesta sicurezza con cui si è svolta, quella visita rappresenta un unicum nella storia degli Stati Uniti. Allo stesso modo, l’abbraccio tra il presidente americano e quello ucraino è qualcosa di più di un affettuoso saluto. Siamo di fronte a un gesto simbolico colossale. Da un lato, l’Ucraina si affida alla forza politica e militare degli Stati Uniti, dimostrando ancora una volta che la scelta per l’Occidente è totale e definitiva. Non si può più tornare indietro: Putin è avvertito. Dall’altro lato, c’è l’America che accoglie con le sue braccia un paese ormai indiscutibilmente europeo, promettendo di proteggerlo senza tentennamenti dall’aggressione del dispotismo russo. Attraverso questo abbraccio, in realtà, tutta l’Europa orientale riceve lo stesso messaggio: la storia è definitivamente cambiata. Dopo anni di purgatorio nell’anticamera della democrazia – e nonostante il fiato sul collo che la Russia continua a far sentire, oggi più che mai, con la sua folle paranoia di ripristinare un impero che non c’è più – i paesi dell’est europeo sanno di poter contare sull’impegno irrevocabile del presidente Usa.
Nemmeno gli europei hanno compreso fino in fondo questa radicale novità politica e storica. L’Europa dell’Est non vuole più essere il parente povero dei paesi a democrazia più evoluta, né più l’eterno comprimario in attesa del prossimo conquistatore straniero. Men che meno ha più voglia di arrendersi al destino buio di una terra di mezzo perennemente sottomessa alla sfera di influenza di quell’autoritarismo russo che si ripete eguale in ogni ciclo della storia. Dopo i bombardamenti russi in Ucraina, i membri orientali della Nato hanno ricevuto gli elogi per i loro preveggenti avvertimenti e, in alcuni casi, anche le scuse per averli sottovalutati. Hanno svuotato rapidamente i loro magazzini di armi a sostegno di Kiev, guadagnando così il rispetto degli alleati. Hanno fatto da pungolo alle altre democrazie europee nel tentativo di velocizzare i rifornimenti militari pro-Kiev. Hanno stabilito un rapporto privilegiato con gli Usa che, ovviamente, sposta non poco l’ago della bilancia dei rapporti di forza in Europa. E proprio la Polonia è il paese che si è messo alla stessa di questa reazione orgogliosa dell’oriente europeo, sia con l’accoglienza di milioni di ucraini in fuga, sia con la fornitura di armi alla resistenza locale.
Ecco perché la presenza di Biden in Polonia acquista un valore politico e strategico così rilevante. L’ultima volta che il presidente ha parlato dal cortile del castello reale in Polonia, aveva detto, a proposito di Putin: “Per l’amor di Dio, quest’uomo non può rimanere al potere”. Prima e dopo quel discorso, ha dichiarato il despota russo un “criminale di guerra”, “un puro delinquente” e lo ha accusato di genocidio. Qualche cancelleria europea dalle orecchie sensibili – come quelle di Emmanuel Macron, tanto per non fare nomi – aveva stigmatizzato quelle parole, temendo l’ira di Putin. Una folta schiera di intelligenti commentatori in Europa (e, soprattutto, in Italia) aveva trattato Biden come un vecchio rimbambito. Ebbene, i fatti di questi mesi fanno giustizia di quelle parole e dimostrano che la posizione corretta era proprio quella di Biden. Al di là del valore retorico del discorso di ieri in Polonia, con la sua presenza fisica a Kiev e Varsavia Biden chiarisce che, dopo un anno di conflitto, “l’impegno degli Stati Uniti è reale”, che “la Nato è più forte di quanto non sia mai stata” e che il sostegno all’Ucraina “rimane incrollabile”.
È questo lo spirito che anima gli incontri con il presidente della Polonia Andrzej Duda (che ieri ha ribadito: “l’Ucraina vincerà”) e gli altri alleati dell’Europa orientale. Oggi, nell’ultimo giorno di visita, si svolgerà il vertice di Biden con i “Nove di Bucarest”, un format che associa i Paesi del fianco orientale della Nato: Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria. All’incontro parteciperà anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che proprio ieri, commentando il discorso di Vladimir Putin all’assemblea della Federazione russa, ha smentito le menzogne del Cremlino sull’origine e le responsabilità della guerra e ha avvertito che il messaggio che arriva da Mosca è tutto meno che un messaggio di pace. Durante il vertice, i leader discuteranno dell’ulteriore rafforzamento del fianco orientale della Nato, del prossimo vertice di Vilnius e dell’ulteriore sostegno all’Ucraina.
“La libertà non ha prezzo. Vale la pena lottare per tutto il tempo necessario. E noi staremo con lei, signor Presidente, per tutto il tempo necessario”, aveva promesso Biden a Zelensky lunedì scorso.
Nessun commento