Larghe intese tra Germania e Italia. Con Draghi e Scholz prove di unità europea più forte - Fondazione PER
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Larghe intese tra Germania e Italia. Con Draghi e Scholz prove di unità europea più forte

di Vittorio Ferla

 

L’Italia? È un “esempio luminoso” nella lotta contro il covid. “Tanto di cappello all’Italia per il suo impegno” per la realizzazione del Recovery Plan. Draghi “estremamente competente. L’Italia deve essere felice di avere al vertice un uomo così competente”. Queste parole al miele le ha pronunciate ieri il cancelliere tedesco Olaf Scholz nel corso della conferenza stampa con il premier Mario Draghi, subito dopo i colloqui del pomeriggio tra i vertici degli esecutivi di Italia e Germania. Ma i calorosi complimenti non sono soltanto un atto di buona educazione istituzionale. I tedeschi non hanno mai mancato di puntare il dito sul lassismo dei nostri governi sui conti pubblici. Questa volta l’Italia, grazie all’iniziativa del governo e alla autorevolezza del premier – che la rivista Politico considera oggi lo statista più potente in Europa – ha guadagnato il rispetto e la stima della Germania. Siamo perfino un modello nella lotta contro la pandemia: al punto che Scholz ha sentito l’esigenza di affermare che anche la Germania ha scelto un generale dell’esercito per guidare la campagna di lotta al coronavirus. “L’Europa ha bisogno di una unione più forte” e i due paesi “sono di fondamentale importanza” per la riuscita di questo obiettivo, avverte il cancelliere tedesco.

Il nodo centrale dell’incontro di ieri tra Scholz e Draghi – il primo dell’era post-Merkel – è stato certamente la riforma del Patto di stabilità. Da tempo l’Italia e la Francia fanno pressing per ottenere un ammorbidimento delle regole. Viceversa, la Germania ha resistito sia sull’ampliamento degli investimenti che sull’allentamento delle maglie del debito dei singoli paesi europei. Ieri Scholz ha sottolineato che il Patto è già sufficientemente “flessibile”. Ma questa considerazione non va più letta come una barriera alla possibilità di cambiare le regole del rigore economico. Pare piuttosto un modo con il quale il neo cancelliere tedesco cerca di sdrammatizzare la disputa sulle regole. Se, infatti, le regole che l’Unione europea si è data sono già flessibili – sul punto Scholz ha richiamato i 750 miliardi di euro messi a disposizione per tutta l’Europa dal Next generation Eu – significa che la base per agire in futuro esiste già e su questa base bisognerà costruire. Sul punto, assicura Scholz, “i partiti del nuovo governo tedesco sono d’accordo”. Tutti i 27 paesi europei, secondo Scholz, “devono seguire lo stesso identico concetto e su questo dobbiamo lavorare”.

Come si legge allora la fresca nomina del falco Joachim Nagel alla presidenza della Bundesbank? Sembra, è vero, una conferma delle posizioni rigoriste di Berlino. Ma potrebbe essere al contempo uno strumento obbligato per rassicurare i falchi: tranquilli, la Germania continua a vigilare. Sappiamo però che i Verdi – il principale alleato di Scholz – sono a favore di un approccio più morbido sui conti pubblici europei. E che il contratto di coalizione del governo “semaforo” suggerisce una riforma delle regole fiscali Ue in favore di maggiori investimenti: se sta scritto lì vuol dire che ha superato lo scrutinio severo del nuovo ministro delle finanze, il liberale Christian Lindner, l’alleato più severo sul rispetto della solidità dei bilanci.

Insomma, il nuovo “piano d’azione comune” tra Italia e Germania mette sul tavolo il tema delle regole fiscali senza precondizioni, favorendo una triangolazione virtuosa tra Berlino, Parigi e Roma. Il rapporto tra questi paesi sembra vivere una sorta di luna di miele ispirata al ritorno in auge dell’economia sociale di mercato. “La coesione sociale è fondamentale per fare progressi su tutti i fronti”, ha detto infatti Mario Draghi nel corso della conferenza stampa. E ha aggiunto: “l’Europa si è data traguardi molto ambiziosi. Dobbiamo mantenere questa determinazione, ma essere sicuri che i nostri obbiettivi siano compatibili con la capacità di trasformazione del nostro settore produttivo. E dobbiamo aiutare famiglie e imprese a sostenere i costi di questa transizione, soprattutto i cittadini più vulnerabili”.

Dopo anni di austerità fiscale e scarsi investimenti, l’impatto della crisi pandemica sembra aver rilanciato una nuova filosofia di governo per l’Unione europea. Dice Draghi: “Il dopo pandemia chiama tutti i Paesi a finanziare progetti senza precedenti. Occorrerà vedere come possono innestarsi in nuove regole di bilancio. Penso che sarà trovata l’intesa. Forse sono ottimista, ma mi sembra un campo più facile da affrontare di altri”. Quali restano i “campi” più difficili? In primis, la difesa comune. “Siamo d’accordo sulla necessità di costruire una difesa comune, non in contrapposizione con la Nato, ma come forza complementare dell’Alleanza”, ha detto Draghi d’accordo con Scholz. L’altro ostacolo sono le decisioni all’unanimità. Secondo Draghi “l’unanimità ostacola la capacità di agire, ma non è semplice superarla, specie per temi come la politica estera e di difesa”. Anche su questo punto c’è il sostegno del cancelliere tedesco. Ora, però, l’impegno di Roma e Berlino per una Unione più forte è totale. Le lentezze e gli opportunismi dei paesi più piccoli saranno sempre meno tollerati.

Vittorio Ferla
vittorinoferla@gmail.com

Giornalista, direttore di Libertà Eguale e della Fondazione PER. Collaboratore de ‘Linkiesta’ e de 'Il Riformista', si è occupato di comunicazione e media relations presso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Lazio. Direttore responsabile di Labsus, è stato componente della Direzione nazionale di Cittadinanzattiva dal 2000 al 2016 e, precedentemente, vicepresidente nazionale della Fuci. Ha collaborato con Cristiano sociali news, L’Unità, Il Sole 24 Ore, Europa, Critica Liberale e Democratica. Ha curato il volume “Riformisti. L’Italia che cambia e la nuova sovranità dell’Europa” (Rubbettino 2018).

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