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L’Europa si farà nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni apportate a queste crisi

di Caterina Avanza 

 

Mai come oggi la frase pronunciata da Jean Monnet nell’agosto del 1954 risuona come un’amara verità.

Il 10 novembre 2020, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo storico sulle risorse proprie (cf. articolo in questo blog del 4 giugno 2020), un accordo totalmente inimmaginabile soltanto qualche mese fa.

Per risorsa propria si intende tassa che non passa dagli Stati membri ma viene ad alimentare direttamente il budget comunitario.

Che si osi o meno pronunciarne il nome, l’aumento delle risorse proprie e il fatto che esse siano iscritte nell’accordo come giuridicamente vincolanti, è un passo avanti significativo verso un’Europa federale.

Certo, oggi il budget comunitario è di poco più dell’1% del PIL europeo, quando il budget federale americano si aggira attorno al 20%, la strada da fare è ancora lunga ma non si può non sottolineare che un primo passo significativo sia stato fatto.

Il negoziato non è stato affatto facile, tanti sono i paesi che sono più che reticenti rispetto alla creazione di nuove risorse proprie, proprio perché le considerano come un passo troppo lungo verso un’autonomia budgetaria della Commissione, cioè del governo comunitario. In filigrana vi è sempre la paura di perdere potere e prerogative a livello nazionale a profitto del livello comunitario.

Fra i grandi oppositori troviamo i paesi frugali (Olanda, Danimarca, Austria, Svezia e Finlandia) ma questa volta accompagnati dalla Germania, da sempre ostile all’idea di dare autonomia finanziaria all’Unione europea, che oggi dipende quasi esclusivamente dalle contribuzioni degli Stati membri e in particolare dei più ricchi fra essi.

Eppure le reticenze sono cadute di fronte alla gravità della crisi: come chiedere a paesi messi in ginocchio dalla crisi sanitaria prima e dalla crisi economica e sociale dopo, di indebitarsi ulteriormente o di aumentare le tasse a contribuenti già stremati, per poter rimborsare il debito e gli interessi del debito contratto per far ripartire il paese? Non ha alcun senso.

Allora chi lo ripagherà il piano di ricostruzione?

Le risorse proprie e più precisamente chi inquina e non paga le tasse!!

Dal gennaio del 2021 entrerà in vigore una tassa sulla plastica non riciclata. Dal gennaio 2023 altre tre tasse comunitarie entreranno in vigore: una tassa sulle piattaforme digitali (GAFAM) – che oggi facendo “ottimizzazione” fiscale evadono miliardi di tasse in tutti i paesi europei che rappresentano uno dei principali mercati – un meccanismo di aggiustamento carbonio alle frontiere – destinato a tassare le importazioni in Ue da paesi terzi che non rispettano gli standard ambientali imposti alle aziende europee, sottoponendole di fatto a della concorrenza sleale – e infine un sistema di scambio di quote di emissioni di CO2 allargato al trasporto marittimo e aereo.

Altra concessione non semplice da ottenere, i capi di Stato si sono mostrati particolarmente concilianti (più di ogni aspettativa) rispetto ad eventuali surplus. È stato definito che se il livello dei prelievi provenienti da queste risorse proprie dovesse superare i rimborsi necessari per il piano di rilancio, i surplus andrebbero ad accumularsi nel budget europeo e non verranno redistribuiti agli Stati membri, come invece chiedevano alcuni paesi.

Per che l’accordo trovato fra il Parlamento europeo e il Consiglio entri in vigore, deve ottenere il voto favorevole delle 27 assemblee nazionali.

Ovviamente tutti gli sguardi si dirigono in direzione di Ungheria e Polonia che, non avendo digerito la condizionalità sullo stato di diritto del piano di rilancio (cioè il rispetto delle libertà fondamentali iscritte nei trattati europei – come la libertà di stampa, l’indipendenza della giustizia, ecc. al fine di ottenere i fondi del NextGenerationEU), potrebbero cogliere l’occasione del voto sulle risorse proprie per bloccare tutto, compreso il piano stesso!

Ma ancora una volta la gravità della crisi ci verrà in aiuto e anche il cinismo di un Orban finirà per cedere alla necessità di fresh money a tassi agevolati provenienti dallo sforzo di indebitamento comune dei 27 paesi europei.

Il Parlamento italiano ha un grande ruolo da giocare in questa partita, speriamo di non perderci in dibattiti ideologici e sterili come sta avvenendo su il MES da mesi!!

Caterina Avanza
avanza@perfondazione.eu

Consigliera politica al Parlamento europeo per En Marche, il movimento del presidente francese Emmanuel Macron. Laureata in Scienze politiche all’Università di Bologna, quindi master in Affari europei alla Sorbona. Sempre per En Marche è stata coordinatrice della campagna delle europee. Consulente presso importanti istituti di sondaggi fra cui l’IFOP – Istituto Francese di Opinione e Politica.

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