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Ora il Nord non ha più alibi

di Francesco Gastaldi, Vittorio Ferri*

Il Governo Draghi a trazione nordista, un nuovo protagonismo attivo della Lega che sembra abbandonare (almeno per ora) i toni più accentuati del sovranismo e dell’antieuropeismo e mette in campo tre ministri del lombardo-veneto in una svolta meno gridata, più pacata e più istituzionale. Forse la Lega si accorge che il Nord ha bisogno di risposte pratiche e concrete di fronte alle crisi ricorrenti, non da ultimo quella legata alla pandemia?

Le cose cambiano, evolvono, nessun economista era stato in grado di prevedere che in questi territori della parte settentrionale del Paese si potessero nascondere insidie per un tipo di sviluppo che fino agli anni più recenti era stato prevalentemente interpretato come efficace e duraturo.
I distretti industriali in Veneto presentano una distribuzione territoriale diffusa e sub-provinciale e non soddisfano una domanda di beni di consumo di massa e dell’industrializzazione, ma prevalgono le forniture per l’export e le nicchie di mercato (Zanfrini 2005, p. 41), così come avviene in Emilia Romagna e Lombardia, che sono tra le regioni motore dell’economia europea.

Ma basterebbe percorrere le strade che connettono i principali centri per trovarsi di fronte a capannoni vuoti, parzialmente utilizzati, diventati depositi più che luoghi produttivi. Le insegne con scritto “affittasi” o “vendesi” fanno capolino qua e là, con variabilità differente da zona a zona. Il dibattito sulla crisi del Nord-Est si è spesso intrecciato con quello sul mercato del lavoro, sugli interventi mirati all’abbattimento dei costi per compensare carenze di produttività, sulla flessibilità dei rapporti di impiego e sull’abbassamento della pressione fiscale per favorire maggiori consumi. Fra gli elementi riconosciuti come problematici vi sono: la rete dei collegamenti (spesso scarsa e arretrata, con movimenti interni ai distretti spesso difficoltosi), la formazione (il sistema scolastico non è specializzato rispetto alle esigenze lavorative del distretto), la ricerca (spesso assente a livello di sistema, ma anche nelle singole imprese) al fine di far emergere nuove forme di specializzazione produttiva maggiormente promettenti.

Nel periodo 2014-2015 nella graduatoria dell’industria manifatturiera per valore aggiunto delle prime 8 regioni Nuts-2 dell’Ue, la Regione del Veneto era al 5 posto, preceduto dalla Lombardia e seguito dall’Emilia Romagna e segna un aumento da 31,0 a 32,6 miliardi di euro (Fondazione Edison 2019 p. 55).

I numerosi distretti attivi nella Regione del Veneto sono specializzati nelle forniture, nei macchinari, nella pelle e calzature, nel tessile e abbigliamento, nella gioielleria e negli strumenti musicali e sono rilevanti per le esportazioni dell’economia regionale che si collega ai mercati dell’economia tedesca grazie a un collaudato sistema di accordi e di relazioni commerciali tra le imprese locali e quelle europee (Lo Cicero 2010, p. 767). Come osservato da Gioacchino Garofoli (2018, p. 328) “Il distretto industriale rappresenta una costruzione sociale: è un modello di organizzazione alternativo a quello/quelli basati sul ruolo predominante della grande impresa sia un modello di relazioni sociali ed umane”. La chiave del successo di questo modello di organizzazione della produzione è “(…) l’osmosi tra sistema produttivo e comunità locale” (Zanfrini 2005, p. 41).

L’economia dei distretti del Nord resta dinamica ma la crescita è ora selettiva, l’interazione tra territorio, popolazione, cultura e istituzioni ha consentito di reagire alla crisi economica. Tuttavia, il modello di sviluppo endogeno è in trasformazione, ed il successo economico ereditato, ora ridimensionato, dovrà essere riconquistato, progettato e condiviso (Zanfrini 2005 p. 47). La principale sfida che attende i distretti industriali italiani è oggi quella di soddisfare l’esigenza di una sempre maggiore specializzazione e al contempo mantenere una versatilità aperta a nuovi settori e nicchie di mercato. Una presa di consapevolezza sta avvenendo anche negli attori locali: “piccolo è bello” non basta più. Ora il Nord non ha più alibi, deve fare e la politica deve dare risposte!

 

– Fondazione Edison (2020) L’economia italiana in cifre, Vedemecum statistici, Fondazione Edison, Milano

– Garofoli G., (2018), I contributi dei Becattini fra distretti industriali e sviluppo economico, in Bellandi et alt., Regional Development Trajectories Beyond The Crisis, Aisre, Angeli, pp. 325-336

– Zanfrini L., (2005), Lo sviluppo locale in una prospettiva sociologica, in Ciciotti E., Rizzi P., a cura di, Politiche per lo sviluppo territoriale, Carocci, Roma, pp. 37-62

 

*Vittorio Ferri è attualmente Assegnista di ricerca presso l’Università IUAV di Venezia, ha conseguito il dottorato di ricerca in Politiche pubbliche del territorio presso la stessa università. E’ stato docente a contratto presso l’Università di MIlano Bicocca, le Università di Pavia e Ferrara, autore di numerose pubblicazioni fra cui il volume Governare le Città Metropolitane, Carocci, Roma, 2009.

Francesco Gastaldi
gastaldi@per.it

Francesco Gastaldi (1969) è Professore associato di urbanistica presso l’Università Iuav di Venezia. È stato ricercatore presso la stessa università nel periodo 2007-2014. Laureato in architettura presso l’Università degli Studi di Genova, ha conseguito il dottorato di ricerca in pianificazione territoriale e sviluppo locale presso il Politecnico di Torino. Svolge attività di ricerca su temi riguardanti le politiche di sviluppo locale, la gestione urbana, le vicende urbanistiche della città di Genova dal dopoguerra ad oggi. Partecipa a ricerche MIUR e di ateneo, ricerche e consulenze per soggetti pubblici e privati.

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