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Oscar alla cinese Zhao mentre il Dragone insidia Hollywood

di Vittorio Ferla

L’Oscar 2021, assegnato proprio ieri notte, finisce nel segno di Nomadland, film americano dedicato a una comunità di nomadi che riconquista i suoi spazi, ma realizzato da una regista cinese, Chloé Zhao. La celeberrima statuetta d’oro va appunto al film, alla regista e all’attrice Frances McDormand, alla sua terza vittoria dopo le interpretazioni nei film Fargo (1989) e Tre manifesti fuori Ebbing, Missouri (2018). Ma il coinvolgimento di una regista cinese nella corsa agli Oscar è diventata nel frattempo l’ennesima occasione di confronto tra Usa e Cina sul piano strategico ed economico.

Il rapporto della Cina con il premio cinematografico più importante nel mondo è da sempre travagliato. Nel 1993, per esempio, quando gli Oscar vennero trasmessi in Cina per la prima volta, l’attore Richard Gere espresse sostegno al Dalai Lama, il leader spirituale tibetano che la Cina considera un separatista. Nei dieci anni successivi la diretta degli Academy Awards fu negata e ancora oggi a Gere è vietato entrare nel paese. Nel 2006, quando il regista taiwanese Ang Lee vinse con il film Brokeback Mountain, la China Central Television (Cctv), la più grande emittente controllata dallo stato del dragone, ha censurato la clip del film mostrata durante la cerimonia: l’omosessualità è considerato argomento tabù nel paese. Nel 2019, Mango TV, un altro broadcast cinese, ha censurato il live streaming di Lady Gaga per il suo passato incontro con il solito Dalai Lama. Quest’anno la censura si è scatenata proprio contro Zhao, la regista vittoriosa. Nelle settimane scorse, dopo un attento monitoraggio delle sue dichiarazioni, Zhao è stata accusate di calunnie e bugie contro il suo paese di origine. Così, alla fine di marzo, il dipartimento per la pubblicità del Partito Comunista cinese ha ordinato alla Cctv e ad altri canali nazionali di cancellare la trasmissione degli Academy Awards. Medesimo trattamento censorio si è meritata la nomination per il miglior documentario di Do Not Split, un cortometraggio sulle proteste pro-democrazia del 2019 a Hong Kong.

Eppure la Cina sta sempre più diventando un mercato da record per i consumi dell’industria cinematografica oltre che produttrice di film essa stessa. Nel recente periodo del capodanno lunare, gli spettatori si sono ammucchiati nei cinema producendo incassi al botteghino superiori ai 770 milioni di dollari. In cima alla lista c’è Detective Chinatown 3, un film mediocre ma popolare che incassando 424 milioni di dollari ha già superato Avengers: Endgame del 2019. Questo caso, spiega l’analista britannico Tom Fowdy, “mostra il potenziale devastante di ciò che la Cina può ottenere se eccelle”. È vero che “la galassia delle celebrità mondiale del cinema orbita strettamente intorno alla California”, adesso però, secondo Fowdy, questo equilibrio si sta spostando: “l rapida espansione del mercato del botteghino cinese è una testimonianza del successo della sua transizione verso un’economia di consumo. I principali beneficiari di questa transizione sono gli stessi film di Hollywood”, detentori finora di un monopolio globale. Il film con il maggior incasso al mondo, Avengers Endgame, ha accumulato ben 600 milioni di dollari di entrate solo in Cina. E proprio il premio Oscar Cloé Zhao è la regista del prossimo film della Marvel Gli Eterni.

Nel frattempo, però, cresce la produzione dei film prodotti in Cina, favoriti da Covid-19 che, con la chiusura delle sale, ha messo in freezer il mercato globale del cinema, con enormi perdite per gli studi di produzione gestiti dagli Usa. La Cina è stata un’eccezione a questa regola. Il rapido superamento del COVID-19 da parte del paese e il mantenimento di una vita normale per la maggior parte dell’anno ha significato che il mercato e l’industria cinematografici cinesi sono rimasti a galla, consentendo effettivamente ai film cinesi di prendere il sopravvento sui concorrenti occidentali per oltre un anno. Il film cinese The Eight Hundred ha accumulato 468 milioni di dollari al botteghino ed è diventato il film di maggior successo di tutto il 2020, con altri tre film cinesi nella top ten. Nel 2021, Detective Chinatown 3 è diventato il film di maggior incasso seguito da altri sette film cinesi. Con la riapertura di Hollywood questo primato non durerà, ma resta un chiaro esempio del potenziale economico della Cina.

Pubblicato su Il Riformista il 27/04/2021

Vittorio Ferla
vittorinoferla@gmail.com

Giornalista, direttore di Libertà Eguale e della Fondazione PER. Collaboratore de ‘Linkiesta’ e de 'Il Riformista', si è occupato di comunicazione e media relations presso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Lazio. Direttore responsabile di Labsus, è stato componente della Direzione nazionale di Cittadinanzattiva dal 2000 al 2016 e, precedentemente, vicepresidente nazionale della Fuci. Ha collaborato con Cristiano sociali news, L’Unità, Il Sole 24 Ore, Europa, Critica Liberale e Democratica. Ha curato il volume “Riformisti. L’Italia che cambia e la nuova sovranità dell’Europa” (Rubbettino 2018).

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