Riforma delle politiche attive: il primo passo per il rilancio occupazionale - Fondazione PER
19844
post-template-default,single,single-post,postid-19844,single-format-standard,theme-bridge,bridge-core-2.0.5,woocommerce-no-js,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-title-hidden,columns-4,qode-child-theme-ver-1.0.0,qode-theme-ver-21.0,qode-theme-bridge,qode_header_in_grid,wpb-js-composer js-comp-ver-6.0.5,vc_responsive

Riforma delle politiche attive: il primo passo per il rilancio occupazionale

di Riccarda Lopetuso

 

Una riforma attesa ben prima della pandemia e del Next Generation Eu.

Il tema delle politiche attive e la riqualificazione dei lavoratori verso nuove professioni richieste dalla transizione ecologica e digitale, assieme a un cambio di prospettiva verso gli Ammortizzatori sociali, rappresentano una sfida imponente per il nostro paese, necessità sentita già da anni, ben prima che il Covid e il massiccio uso della Cassa integrazione rendessero evidenti i limiti strutturali dell’attuale impianto delle politiche del lavoro.

Con il PNRR, e la storica e irripetibile possibilità di riformare, rimodernare e favorire la crescita dell’Italia, le politiche attive rivestono un ruolo decisivo nel rilancio occupazionale di giovani, donne e lavoratori e lavoratrici rimasti senza lavoro dopo la pandemia o da anni senza prospettive lavorative.

Al tema lavoro e politiche attive è dedicata la Missione 5, componente 1 del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, con una dotazione totale di 6,6 miliardi di euro.

La riforma degli Ammortizzatori sociali  approvata con la Legge di Bilancio 2022, ha rappresentato il primo necessario passaggio verso una riforma strutturale delle politiche occupazionali, incentrate- storicamente e per tradizione nazionale- nella protezione del reddito del lavoratore , anziché  sulla sua riqualificazione e reinserimento lavorativo.

Aspetti rilevanti della riforma sono l’aumento della platea dei beneficiari e dei lavoratori che potranno contare su un sostegno, l’ampliamento dei Contratti di espansione e del Fondo di integrazione salariale.

Snodo cruciale degli ammortizzatori sociali tuttavia, resta il passaggio successivo alla fase in cui è necessario  proteggere il reddito del lavoratore e il suo posto di lavoro.

Come auspicato da tempo, una riforma complessiva degli ammortizzatori sociali non può prescindere  da un intervento deciso sulla formazione dei lavoratori e delle lavoratrici che beneficiano di un sostegno, per aiutarli a sfruttare il tempo di Cassa integrazione verso percorsi formativi che ne amplino le competenze o che formino nuove professionalità attraverso la riqualificazione del lavoratore.

In questo nuovo approccio alle politiche di sostegno del reddito, ma anche di rilancio occupazionale,  fondamentale è programmare una reale presa in carico dei lavoratori,  ma anche dei disoccupati e dei giovani che non studiano e non lavorano ( i Neet).

Centrale per favorire l’occupazione è intervenire sulla politiche attive del lavoro che in Italia non sempre risultano efficaci.

Poca sinergia tra centri per l’ impiego ed enti di formazione,  difficile incontro tra aziende e lavoratori, percorsi formativi poco adatti ai diversi sistemi economici e fabbisogni occupazionali, differenze sostanziali nei sistemi regionali competenti nelle formazione professionale.

La formazione, intesa come possibilità offerta al lavoratore o al disoccupato di aggiornare le proprie competenze o di acquisirne di nuove per trovare un nuovo lavoro, in Italia non riscuote molto successo.

Pochi corsi, poche risorse e pochi posti a disposizione a fronte di un’offerta che – dati alla mano, potrebbe coinvolgere fino a 3 milioni di persone, tra disoccupati, percettori di strumenti di sostengo al reddito e inoccupati.

I punti deboli delle politiche attive sono noti, resi evidenti anche dai report riguardanti il Reddito di cittadinanza, strumento che dovrebbe coniugare lotta alla povertà con politiche attive e ricerca di un’occupazione  ma che in sostanza si riduce a mero sostegno alle persone in difficoltà economica.

Per rilanciare l’occupazione dopo il ciclone Covid, – nel quadro della Missione 5, il Pnrr prevede un rafforzamento dei centri per l’Impiego,  un potenziamento del Sistema duale e del Fondo Nuove competenze e, accanto ai percorsi professionali classici ( che coinvolgono i Neet ) le due nuove misure:

Gol, la Garanzia di occupabilità dei lavoratori e il Piano nazionale Nuove competenze.

Per quanto riguarda il Piano Nuove competenze,  secondo quanto previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ha “l’obiettivo di riorganizzare la formazione dei lavoratori in transizione e disoccupati, mediante il rafforzamento del sistema della formazione professionale e la definizione di livelli essenziali di qualità per le attività di upskilling e reskilling in favore dei beneficiari di strumenti di sostegno (NASPI e DIS-COLL), dei beneficiari del reddito di cittadinanza e dei lavoratori che godono di strumenti straordinari o in deroga di integrazione salariale (CIGS, cassa per cessazione attività, trattamenti in deroga nelle aree di crisi complessa). “

La misura mira a fornire competenze  e nuove qualifiche professionali – in particolar modo competenze digitali -a diversi tipi di beneficiari: disoccupati e Neet, beneficiari di Naspi e Reddito di cittadinanza, cassa integrati o lavoratori che grazie ad accordi sindacali ottengono rimodulazioni dell’orario lavorativo per frequentare i corsi di formazione e aggiornamento.

Ancora più ambizioso sembra l’obbiettivo che si pone Gol, la Garanzia occupabilità dei lavoratori, definita dal Pnrr “programma nazionale di presa in carico, erogazione di servizi specifici e progettazione professionale personalizzata “.

La misura porterà a reinserire nel mondo del lavoro fino a  3 milioni di persone attraverso un percorso che li accompagna in 3 fasi: profilazione, formazione e riqualificazione.

Molti lavori, persi durante la pandemia non torneranno più, ma altri settori – edilizia e lavori legati alla transizione ecologica, ciclo dei rifiuti e digitale -necessitano di professionalità e  competenze che non ci sono.

Obiettivo di Gol è quindi formare i lavoratori del futuro,  ma non fermandosi a riqualificare coloro che hanno perso il lavoro durante la pandemia, ma provando a intercettare disoccupati di lungo periodo o gli  inoccupati  che sono sempre rimaste ai margini  del mercato del lavoro, come le donne.

La riforma delle politiche attive, il Piano nazionale nuove competenze e Gol – che dovrebbe partire dopo che Anpal avrà valutato i piani regionali di attuazione della misura – di se per sé non avranno la capacità auspicata di rilanciare l’occupazione in Italia, che necessita di politiche e investimenti incentrati sulla crescita preliminarmente,  ma potranno – finalmente – cambiare e rendere più efficace l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e aiutare disoccupati, inoccupati e percettori di strumenti di sostegno al reddito a sfruttare le possibilità del Pnrr e dei nuovi lavori legati alla transizione ecologica e digitale.

Riccarda Lopetuso
lopetuso@per.it

Laureata in giurisprudenza, formatrice in materie giuridiche.

Nessun commento

Rispondi con un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.