
13 Apr Infrastrutture e trasporti: rischiamo di creare un “Sud nel Sud”?
di Dario Musolino
Nell’epoca dell’economia della conoscenza, delle risorse immateriali, degli asset intangibili, le infrastrutture e i servizi di trasporto, risorse fisiche, materiali e tangibili, rimangono fondamentali per lo sviluppo economico regionale. Lo dicono tanti studi che sottolineano come l’accessibilità rimane una delle variabili più significative per spiegare perché le regioni crescono e si sviluppano.
Questo vale a maggior ragione per le aree periferiche. Essendo infatti distanti da mercati, clienti, reti, filiere produttive, servizi, fornitori, mercati dei fattori, ecc., hanno nelle infrastrutture e nei servizi di trasporto l’asset fondamentale per restare parte della grande trama delle relazioni economiche nazionali e globali, ovvero per non rimanere tagliati fuori dal “grande gioco” della globalizzazione.
Calabria e Sicilia sono regioni fortemente periferiche, e scarsamente accessibili, in Italia e in Europa. Secondo la piattaforma ESPON della Commissione Europea, che analizza l’accessibilità globale potenziale dei territori europei l’accessibilità, stradale e ferroviaria, delle province siciliane e calabresi corrisponde a circa il 30% dell’accessibilità media nell’Unione Europea, ed è superiore in Italia solo a quella delle province sarde. Un dato che mette queste due regioni sullo stesso piano delle isole più lontane dalla terraferma, e di altre aree remote dell’Est Europa, della Scandinavia e di altri paesi mediterranei. Si tratta quindi di due delle regioni in Italia che forse più di altre hanno bisogno di potenziare la loro accessibilità.
La proposta dei docenti siciliani e calabresi recentemente formulata nell’ambito dell’imminente finalizzazione del PNRR, individua tutte quelle opere infrastrutturali che potrebbero “risolvere”, o almeno “alleviare” il problema della scarsa accessibilità di queste regioni, re-inserendole meglio nelle reti di trasporto, nonché nelle reti produttive ed economiche nazionali ed internazionali, e aumentando il grado di integrazione interno alle regioni stesse (e al Mezzogiorno).
La proposta, in particolare, si articola in tre grandi direzioni:
1) Il potenziamento del trasporto ferroviario, in particolare con la realizzazione dell’Alta Velocità LARG di ultima generazione (la cosiddetta Alta Velocità “vera”) sugli assi Salerno-Reggio Calabria, e Messina-Catania-Palermo, con nuove soluzioni legate all’attraversamento dello Stretto (non necessariamente legate al collegamento stabile, almeno nel breve e medio periodo), che porterebbero il tempo totale di viaggio da Roma fino a Reggio Calabria a 3 ore, e fino a Palermo a 5 ore;
2) Il rafforzamento della portualità delle due regioni, con particolare riguardo ai due grandi porti di Augusta e Gioia Tauro, con proposte di creazione di una alleanza strategica;
3) Il completamento e il potenziamento “intelligente” della rete autostradale e stradale (Smart Roads).
La proposta prevede inoltre il potenziamento dell’accesso alle infrastrutture aeroportuali esistenti nelle due regioni in una logica di integrazione intermodale (per esempio, con la costruzione di una nuova stazione AV in corrispondenza dell’aeroporto di Lamezia).
Queste grandi opere, in una buona parte realizzabili nell’orizzonte temporale del PNRR (2026), potrebbero risollevare il livello di accessibilità delle due regioni, contribuendo alla “riunificazione infrastrutturale” del paese invocata da diversi studiosi, e restituendo a Sicilia e Calabria maggiore capacità di sviluppo e dinamismo economico.
Quest’ultimo passaggio logico merita un approfondimento. Dire che l’accessibilità incide sulle possibilità di sviluppo di una regione, in particolare se periferica, è ragionevole, quasi ovvio, nonché suffragato, come accennato sopra, da analisi empiriche cross-section. Tuttavia, vale la pena spiegare con alcuni dati perché, specificatamente per queste due regioni, la condizione di inaccessibilità risulta oggi così penalizzante, in particolare nello scenario internazionale, e quanto quindi è importante riconnetterle al mondo, renderle nuovamente accessibili, con adeguati progetti di investimento.
Prendiamo quattro temi rilevanti per lo sviluppo economico regionale: internazionalizzazione commerciale, ovvero competitività sui mercati internazionali; partecipazione alle filiere produttive; capacità di attrarre investimenti diretti esteri; capacità di attrarre categorie specifiche di persone, quali turisti e studenti.
A) Calabria e Sicilia, con circa 10mld di euro nel 2019 (di cui il grosso dalla Sicilia), assommano appena il 2% di tutto l’export nazionale, e meno del 20% dell’export delle regioni meridionali (ricordiamo che le due regioni contano l’11.3% della popolazione nazionale e il 34% della popolazione meridionale; inoltre, sono sede di circa il 9% delle imprese italiane e del 30% delle imprese del Mezzogiorno). Focalizzando l’analisi sui prodotti manifatturieri (escludendo quindi dal computo materie prime e prodotti petroliferi), l’export complessivo delle due regioni acquista un peso perfino inferiore all’1% dell’export nazionale e al 10% di quello del Mezzogiorno. Negli ultimi anni (pre-pandemia), l’export delle due regioni inoltre non ha visto quella tendenza all’aumento che ha caratterizzato altre regioni meridionali, come la Campania.
Ora, l’accessibilità è fondamentale per spiegare la performance esportativa delle due regioni. Poter raggiungere e servire i mercati finali a costi generalizzati contenuti è fondamentale per poter rimanere competitivi nell’epoca del just in time. In particolare, in settori come l’agro-alimentare, settore notoriamente a forte potenziale nelle due regioni (legato alla varietà di prodotti e filiere di qualità), per cui l’efficienza dei servizi di trasporto (in primis, merci via gomma e mare) e della filiera logistica sono oltremodo importanti, come emerso anche da indagini sul campo recentemente condotte.
B) Calabria e Sicilia sono in generale lontane dalle grandi filiere produttive internazionali, ovvero dalle Global Value Chain. In uno studio del 2018 sull’integrazione nelle reti produttive delle regioni italiane realizzato usando le tavole input-output, Bentivogli e altri ricercatori mostrano come la Calabria e la Sicilia sono le regioni con la più bassa attivazione di valore aggiunto originata dalla domanda internazionale. Peraltro, anche il contenuto internazionale del valore della loro produzione è più basso che in altre regioni italiane. Mentre le due regioni sono relativamente integrate nelle filiere produttive nazionali, sia in input che output, la capacità invece di “agganciare” le filiere produttive internazionali è la più bassa tra le regioni italiane.
Anche qui, ca va sans dire, l’accessibilità è decisiva, in una logica di efficiente partecipazione, in ingresso e in uscita, alle catene produttive delle Global Value Chain (come sottolineano gli storici e gli economisti internazionali come Richard Baldwin, sono stati i trasporti e la logistica, insieme alle ICTs, i driver fondamentali per la dis-integrazione spaziale del ciclo produttivo e lo sviluppo delle GVCs). Essere in prossimità di nodi della rete di trasporto internazionale, quindi, consente giocoforza l’accesso alle catene globali del valore. In questo senso, è in particolare la proposta di potenziare i porti di Augusta e Gioia Tauro, e una loro alleanza, ad assumere un ruolo cruciale.
C) Calabria e Sicilia, come si desume dai dati ICE, sono tra le regioni italiane meno attrattive per gli investimenti diretti esteri. Insieme assommano meno dello 0.6% del totale dello stock nazionale di IDE, misurato in addetti, e il 13% degli stock di IDE localizzati nel Mezzogiorno. Anche qui, focalizzandosi sul manifatturiero e sui servizi, l’incidenza delle due regioni sul totale nazionale di IDE si assottiglia ulteriormente, anche in termini di fatturato. Si consideri inoltre che, se guardiamo ai dati di dinamica, nell’orizzonte temporale 2009-2015, per il quale sono disponibili i dati ICE, le due regioni sono tra quelle che meno hanno dato segno di vivacità nel flusso di IDE (nel caso della Calabria, le imprese a controllo estero si riducono di numero, passando da 34 a 29).
Anche nel caso di questo terza “performance” fortemente negativa il ruolo dell’accessibilità appare cruciale. L’accessibilità è infatti decisiva per attrarre imprese esterne, che scelgono la localizzazione ottimale sia guardando alla possibilità di movimentare input e output e accedere a servizi, ma sia guardando anche alla possibilità di muovere persone. Le imprese manifatturiere, infatti, molto meno integrate verticalmente rispetto al passato e sempre più focalizzate su funzioni core, e inoltre sempre più “terziarizzate” al loro interno, sono organismi aperti che vivono di relazioni con altre imprese e altri soggetti esterni, muovendo sia beni sia personale, loro e dei loro partner (manager, tecnici, ricercatori, venditori, specialisti, consulenti, ecc.). Per cui, la scelta del luogo in cui localizzarsi è inevitabilmente influenzata dalla disponibilità di infrastrutture e servizi di trasporto merci e persone. Basti solo sottolineare che per esempio la presenza di un nodo aeroportuale importante è ormai uno dei fattori imprescindibili per una località per poter solo pensare di fare attrazione di imprese.
D) Calabria e Sicilia sono tra le regioni meno attrattive per le persone. Prendiamo due tra le categorie di persone più rilevanti per lo sviluppo economico regionale al giorno d’oggi: i turisti e gli studenti universitari. Regioni, città, territori, competono per attrarre queste due categorie di persone perché in vari modi, diretti e indiretti, portano sviluppo. I casi di territori periferici che hanno tratto enorme beneficio, in termini di sviluppo turistico, da un potenziamento dei collegamenti di trasporto, sono innumerevoli. Senza dimenticare poi che un fattore esplicativo dello sviluppo delle maggiori student city in Italia e nel mondo (si pensi per esempio a città italiane come Bologna, Milano e Pisa) è la disponibilità di molteplici ed efficienti collegamenti di trasporto, vista l’alta propensione alla mobilità degli studenti.
Calabria e Sicilia, secondo i dati Istat (2019), insieme ospitano meno del 5% delle presenze turistiche a livello nazionale, a fronte della qualità e quantità del patrimonio ambientale, paesaggistico, costiero, storico e artistico di cui dispongono, su cui non vale neanche la pena soffermarsi. Inoltre, secondo i dati Miur (a.a. 2018/19), Calabria e Sicilia hanno iscritti nei loro atenei l’8,7% del totale degli studenti iscritti in Italia, e attraggono appena il 2,6% del totale degli studenti stranieri che studiano nel belpaese. Nello specifico caso dell’attrazione di queste categorie di persone, plausibilmente è soprattutto la realizzazione dell’AV-LARG e delle Smart Roads a rappresentare la proposta di intervento più rilevante.
Concludendo, riconnettere dunque queste due regioni al sistema dei trasporti nazionale e internazionale è di primaria importanza per potergli far recuperare quella competitività e quella attrattività che, una volta usciti dalla pandemia, torneranno ad essere plausibilmente leve decisive per lo sviluppo. Ovviamente, nessun ignora il fatto che su questi dati incidono anche altri fattori. L’enfasi posta sulla questione dei trasporti non intende infatti “ridurre” la rilevanza esplicativa di altri temi. Tra i quali, su tutti, evidentemente, vi è la questione della legalità, legata alla presenza della criminalità organizzata, seguita dalla qualità dei servizi pubblici. Tuttavia, nelle diverse analisi quantitative esistenti in letteratura, come anche negli studi qualitativi, emerge sempre anche la significatività e l’importanza della questione dell’accessibilità. Un fattore quindi, tutt’altro che secondario per ricondurre queste due regioni a una capacità di sviluppo paragonabile a quello di altre regioni, anche dello stesso Mezzogiorno. E su cui oggi si può incidere considerevolmente, cogliendo le opportunità date dai Piani supportati dall’Unione Europea per sostenere i paesi nella fase post-pandemica.
Come sostengono icasticamente gli autori del documento, solo effettuando un massiccio e articolato programma di investimenti come quello proposto, si potrà evitare che nei prossimi decenni si vada a formare un “Sud nel Sud” in corrispondenza del quarantunesimo parallelo, un nuovo “gradino”, una nuova cesura territoriale che non farebbe altro che complicare e aggravare ulteriormente la già drammatica geografia dei divari del nostro paese.
Vincenzo Filardo
Pubblicato il 12:05h, 14 AprileCondivido articolazione ed approfondimenti proposti. In questo contesto perche’ escludere la realizzazione dell’ attraversamento stabile dello Stretto ? Fornirebbe un sicuro contributo al reddito nella fase costruttiva ed incrementerebbe gli effetti derivanti dal potenziamento complessivo del sistema delle comunicazioni.