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Sud, ora i soldi ci sono. Ma servono anche le riforme

di Francesco Gastaldi e Vittorio Ferri

C’è un grande assente nel dibattito che ciclicamente si ripropone su Sud e Pnrr, il fatto che i sostegni allo sviluppo dovrebbero mettere in moto processi virtuosi (e non a caso usiamo la parola processi) che una volta finiti i finanziamenti, si sostengano senza bisogno di nuovi aiuti o nuovi fondi pubblici.

L’Istituto Bruno Leoni in una nota di qualche settimana fa ha ribadito come le nuove risorse non possono essere la risposta al problema della crescita dell’Italia e ha rilevato come vi sia il pericolo che i soldi disponibili finiscano per alimentare altra spesa improduttiva. L’IBL ha aggiunto: “il Pnrr non ci esonera dal perseguire quelle riforme strutturali e quelle correzioni nella politica di bilancio senza le quali è impensabile che l’Italia possa uscire dal suo declino” e ha evidenziato come “se ben impiegate, le risorse europee possono promuovere alcune riforme strutturali e favorire la messa a terra di opere potenzialmente utili. Ma non c’è nulla di salvifico in tutto questo: non basterà il Pnrr a cancellare trent’anni di stagnazione”.

In un precedente contributo apparso su questo sito si è evidenziato come sia necessario che il Sud riesca a spendere bene i soldi (che ci sono) rilevando come in alcuni periodi storici, anche recenti, dell’intervento pubblico “alla disponibilità di spesa non si sia accompagnata una corrispondente produzione interna, ma solamente una maggiore dipendenza dalla spesa pubblica” o come si sia assistito ad un utilizzo dei fondi inefficiente e talvolta dannoso, compresi i fondi comunitari (Accetturo e De Blasio 2019). Le successive difficoltà del passaggio dagli interventi straordinari a quelli ordinari non hanno ridotto, ma aumentato l’effetto della “pentola bucata” (Lo Cicero 2010, p. 769). La buona spesa pubblica da sola non basta: c’è bisogno di efficienza, di rendicontazione e valutazione.

Va inoltre considerato che il Sud non è omogeneo e che modalità di intervento non appropriate rispetto alle caratteristiche locali, non solo produrranno pochi risultati duraturi, ma possono perfino erodere o distruggere le potenzialità esistenti. Le strategie di intervento devono essere necessariamente diversificate e strettamente correlate ai bisogni di ogni singola realtà locale; quella che può rivelarsi un’efficace soluzione di intervento in una realtà locale, può trovare ostacoli o rivelarsi un boomerang in un’altra area.

Esistono quindi vari rischi che possono essere così riassunti:

1- I soldi (come le medicine) non sempre fanno bene: troppi soldi (o troppe medicine) fanno male, devono essere usati in giusta dose in modo congruente rispetto alla patologia, senza abusi e cercando di fare il modo che il malato, una volta guarito, non abbia bisogno di altri farmaci (e senza che si creino dipendenze);

2- Il Pnrr non può risolvere tutti i mali, è stato caricato di valenze che stanno generando aspettative troppo alte, occorrono altre politiche, più strutturali, che colmino i ritardi e i deficit di crescita; Esistono rischi burocratici nell’attuazione, anche da parte del centralismo regionale;

3- Le pratiche di promozione dello sviluppo devono confrontarsi con realtà differenziate dal punto di vista storico, socio-istituzionale ed economico, aventi ciascuna diverse vocazioni e eterogenei punti di forza e di debolezza. L’uniformità non è desiderabile, non favorisce la sperimentazione, né la creatività.

Di solito si dice che non ci sono soldi per fare questa o quella cosa, ora i soldi ci sono, il sud impari a spenderli bene, in modo efficiente per costruire il futuro senza guardare alle scadenze elettorali ravvicinate. sono necessarie una maggiore responsabilizzazione dei politici e la rendicontazione ai cittadini che dovrebbero poter valutare gli esiti dell’azione pubblica.

 

Riferimenti

Accetturo A., De Blasio G., (2019), Morire di aiuti. I fallimenti delle politiche per il Sud (e come evitarli), IBL Libri, Torino

Lo Cicero M., (2010), Cause e conseguenze della trasformazione dell’economia meridionale in una “pentola bucata”, in Economia italiana, n. 3 pp. 757-778.

 

Vittorio Ferri

Ha conseguito il dottorato di ricerca in Politiche Pubbliche del Territorio presso l’Università IUAV di Venezia, dove è stato assegnista di ricerca. Si occupa prevalentemente dei temi e dei problemi delle Città metropolitane, della finanza territoriale e del governo del territorio. Tra le numerose pubblicazioni il volume “Governare le Città metropolitane”, Carocci, Roma.

Francesco Gastaldi
gastaldi@per.it

Francesco Gastaldi (1969) è Professore associato di urbanistica presso l’Università Iuav di Venezia. È stato ricercatore presso la stessa università nel periodo 2007-2014. Laureato in architettura presso l’Università degli Studi di Genova, ha conseguito il dottorato di ricerca in pianificazione territoriale e sviluppo locale presso il Politecnico di Torino. Svolge attività di ricerca su temi riguardanti le politiche di sviluppo locale, la gestione urbana, le vicende urbanistiche della città di Genova dal dopoguerra ad oggi. Partecipa a ricerche MIUR e di ateneo, ricerche e consulenze per soggetti pubblici e privati.

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