
24 Dic Tutta colpa del neoliberismo? Macché, benvenuti nel mondo delle policrisi!
di Francesco Gastaldi
“E’ tutta colpa del capitalismo!”: tedioso ritornello, mai troppo impolverato parrebbe. Ma certamente! Come no! Anzi… magari fosse vero! Se davvero fosse così, sarebbe fantastico: una sola causa di tutti i problemi del mondo, quindi basterebbe una unica soluzione: abbatterlo. Certo ci sarebbe ancora che proporrebbe per la rivoluzione socialista, e chi, sul fronte opposto, per il neoliberismo: tolta la virulenza dello scontro, sarebbe tutto potenzialmente semplice. A o B, questo o quello, giusto o sbagliato, il tempo delle dicotomie. Ma non è più così, non c’è più quel mondo così “semplice”, la complessità è il filo rosso che unisce tutte le crisi che viviamo oggi: chi ignora questo fattore è un pessimo interprete del nostro tempo.
D’altro canto i media non fanno altro che parlare di “crisi geo politiche”, “crisi energetica”, “crisi migratoria”, “crisi pandemiche”, “crisi del post Covid”, “crisi della democrazia e della rappresentanza” ecc., certo alcune figure intellettuali e culturali non hanno mai mancato di evidenziare fattori e situazioni di “crisi”, i profeti di sventura che vedevano il mondo sull’orlo del baratro non sono mai mancati, né chi pre-configurava scenari apocalittici a breve, ma oggi c’è qualcosa di diverso
“Welcome to the world of the polycrisis” ha scritto Adam Tooze nel suo pezzo del 28 ottobre scorso sul Financial Times: un manifesto della nostra epoca. Come dargli torto? Pandemie sanitarie ormai continue (mucca pazza, aviaria, ebola, Covid, le più recenti), crisi internazionali e sociali, migrazioni e conflitti che continuano a rimescolare continuamente le carte. Mai come prima il mondo appare avvolto dalle “policrisi”: situazioni mai affrontate prima, non in questi termini, tutte legate tra loro ma non per questo causate da un solo motivo. E così, con un sillogismo del tutto errato ma in cui sembra così facile inciampare, si arriva a credere che mai come oggi serva “un salvatore”: una sola persona che col suo “tocco magico” possa risollevare, magari in un sol colpo, tutto ciò che sta sprofondando in una complessità sempre più imprevedibile. Sì c’è un ulteriore fattore, alcune di queste crisi, non erano previste e ci hanno colto di sorpresa, destabilizzando le nostre certezze.
Eppure ne parlava già il teorico della complessità francese Edgar Morin ad inizio anni 90, il filosofo e matematico libanese Nassim Nicholas Taleb nel 2007 ha dato alle stampe Il cigno nero – Come l’improbabile governa la nostra vita, un saggio dove spiega come la storia sia caratterizzata da avvenimenti inaspettati e sorprendenti, si tratta i avvenimenti sostanzialmente non prevedibili, non immaginabili e non classificabili secondo caratteri ordinari, tanto che quando si manifestano, non vengono neppure riconosciuti per quello che sono, seppur non rientrino nelle normali aspettative. Un problema diventa una crisi quando mina la nostra abilità di risolverlo, nelle policrisi gli shock sono molteplici, ma interagiscono in modo che il loro insieme è più grande della somma delle loro parti. A volte abbiamo l’impressione di perdere il senso della realtà, si generano senso di impotenza e poi un’una altra crisi: quella delle democrazie. Nel periodo del Covid ci siamo interrogati sui temi legati alla globalizzazione, alle sovranità nazionali e al ruolo di enti internazionali (OMS, BCE, Unione Europea).
Eppure cosa si è fatto, o meglio cosa si è riuscito a fronteggiare nell’avanzata intravista di questo scenario ultra-umano?! Poco o nulla. O anche molto: la ricerca e la soluzione del vaccino al Covid sono stati traguardi sorprendenti. Eppure nemmeno questo pare bastare.
“Se avete trovato gli ultimi anni stressanti e se la vostra vita è stata sconvolta -conclude Tooze-, è ora di allacciarsi le cinture. La nostra corsa su un filo senza fine è destinata a diventare più precaria e snervante”, non sembrano esserci buone notizie, le cose semplici non esistono più. Dobbiamo continuamente ridefinire i criteri con cui immaginiamo il futuro, pensare che i nostri problemi saranno quelli di soli cinque o dieci anni fa significa non capire la velocità e le proporzioni delle trasformazioni in corso.
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