Verso i cent'anni del Pci: la dittatura dell'idealismo ha impedito il riformismo - Fondazione PER
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Verso i cent’anni del Pci: la dittatura dell’idealismo ha impedito il riformismo

di Alfonso Pascale

In un articolo molto suggestivo pubblicato sul “Riformista”, il filosofo Biagio de Giovanni avanza un’ipotesi che andrebbe presa sul serio: “una delle ragioni per le quali l’Italia non ha mai salutato la nascita di una socialdemocrazia consiste nel fatto che Marx non è entrato in Italia attraverso un Bernstein, come in Germania, pensatore che mobilitò il revisionismo riformista e socialista, ma attraverso la potenza di due ‘categorie’ schiettamente legate a una filosofia della forza e del destino della storia: Materialismo storico, con Antonio Labriola; Marx filosofo del rovesciamento della prassi, con Giovanni Gentile, quest’ultimo considerato da Togliatti, ancora nel 1919, ‘il maestro delle nuove generazioni'”.

Si tratta di un’ipotesi abbastanza fondata. Labriola è stato l’unico professore e maestro riconosciuto dall’autodidatta non laureato Benedetto Croce. Per comprendere il legame molto stretto tra i due, bisognerebbe leggere le lettere di Labriola a Engels, l’amico fraterno di Marx ed estensore della parte finale del “Capitale”, terzo volume, lasciato incompiuto dal filosofo di Treviri. E’ una lettura importante, ancora oggi, soprattutto per i sociologi, che peraltro si guardano bene dal farla. Labriola mette in luce le confusioni concettuali dei sociologi italiani di fine Ottocento. In particolare, denuncia impietosamente il “mescolamento acritico di mondi di pensiero non solo differenti ma teoricamente incompatibili”, quali l’evoluzionismo biologico di Charles Darwin, l’evoluzionismo socioeconomico di Herbert Spencer e il materialismo storico dialettico di Karl Marx. Sprezzantemente, Labriola indicava la triade Darwin, Spencer, Marx come la “trinità dei sociologi e filosofi a orecchio”, incapaci di elaborare ricerche sostenute da un apparato teorico-concettuale rigoroso, secondo un modulo critico ripreso, più tardi, in toto, da Benedetto Croce, specialmente in “Storia d’Italia dal 1871 al 1915”.

Aiutati dall’avvento del fascismo in Italia e dalla sua autarchia, che fu non solo economica ma anche culturale e che doveva paradossalmente contribuire alla “dittatura dell’idealismo” crociano, pur blandamente antifascista, e dalla presa del potere in Germania dal nazismo, dieci anni dopo, che avrebbe ridotto le scienze sociali a scienze di puro servizio e accertamento demografico a favore della dittatura, come in Italia, i critici delle scienze sociali, capitalizzando ampiamente sulle riserve radicali espresse da Labriola, riducevano la sociologia a pseudo-scienza.

Nel giro di una generazione, questa disciplina, che del resto era insegnata come incarico a medicina e a giurisprudenza, per lo più sotto le vesti di criminologia, sarebbe scomparsa (la “Rivista italiana di sociologia” cessa le pubblicazioni nel 1925), per rinascere solo nel secondo dopoguerra, con l’istituzione della prima cattedra a livello pieno nel 1960, per merito di una facoltà a torto ritenuta minore, il Magistero di Roma, dove pure avevano a suo tempo insegnato lo stesso Antonio Labriola, Guido De Ruggiero e Luigi Pirandello. A vincere il primo concorso per questa disciplina fu Franco Ferrarotti che ottenne così quella prima cattedra ed è considerato, per questo, il decano della sociologia in Italia.

Abbiamo così avuto in Italia un marxismo imbevuto di idealismo e, pertanto, nemico delle scienze sociali e, in particolare, della sociologia. E il partito comunista, pur avendo un radicato insediamento sociale, non è stato mai in grado di utilizzare il suo capillare tessuto organizzativo e di leggere e interpretare la realtà per un motivo molto semplice: osteggiava ideologicamente lo strumento dell’inchiesta sociologica sul campo.

Secondo Nicola Abbagnano e Franco Ferrarotti, i crociani e i marxisti crociani facevano l’errore di porsi di fronte ad un dilemma. O l’uomo è libero e posseduto da una “psiche”, da una coscienza libera: e allora si può studiare la storia passata, ma non quella futura; oppure è assolutamente determinato: e allora si cade nel causalismo marxista, per cui la struttura genera la sovrastruttura.

La sociologia critica, elaborata da Ferrarotti e sostenuta da filosofi come Abbagnano e Felice Balbo, invece dice: l’uomo non è né assolutamente libero, né assolutamente determinato. L’uomo, nel suo comportamento in società, è condizionato dalle circostanze oggettive in cui si trova a vivere. Queste circostanze oggettive (che sono i termini reali dell’azione umana) si possono studiare benissimo dal punto di vista sociologico. Quindi la sociologia, pur non esaurendo l’essenza dell’uomo, ne studia i comportamenti esterni entro determinate circostanze, per giungere, poi, alle motivazioni interne.

La sociologia in Italia non ce l’hanno portata gli americani, come alcuni giovani sociologi credono. Già si faceva molto prima dell’ultima guerra mondiale: nella seconda metà dell’800 e nella prima metà del ‘900 con Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto. E dagli anni della guerra con Arrigo Serpieri, Manlio Rossi-Doria, Gilberto Antonio Marselli, Giorgio Ceriani-Sebregondi, Danilo Dolci, Rocco Scotellaro, Franco Ferrarotti, Corrado Barberis, Achille Ardigò e pochi altri. La sociologia non è caduta dalle nuvole, in Italia. E’ stata una dura battaglia di un gruppo di studiosi, molto coraggiosi, che ha dovuto contenere l’emarginazione cui li spingeva la “dittatura culturale” imposta dall’idealismo crociano e dal marxismo idealista, uniti nel colpire ogni tentativo di fioritura di una cultura riformista.

Alfonso Pascale
pascale@perfondazione.eu

Presidente dell’Accademia della Ruralità “Giuseppe Avolio”. Dopo una lunga esperienza di direzione nelle organizzazioni di rappresentanza dell’agricoltura, nel 2005 ha promosso la Rete Fattorie Sociali di cui è stato presidente fino al 2011. Docente del Master in Agricoltura Sociale presso l’Università di Roma Tor Vergata, collabora con istituzioni di ricerca e formazione e con riviste specializzate. Ultime pubblicazioni: CYBER PROPAGANDA. Ovvero la promozione nell’era dei social (Edizioni Olio Officina, 2019); (con M. Campli) Semestre Europeo Costituente. La democrazia oltre lo Stato (Arcadia Edizioni, 2019).

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